In tema di infortunio sul lavoro, per la liquidazione del danno morale, consistente nella sofferenza per l'ingiuria fisica subita, il giudice deve specificamente motivare in ordine ad ulteriori profili di danno non coperti da quello già liquidato a titolo di danno biologico ed operare un'autonoma valutazione degli stessi. E' quanto emerge dalla lettura della sentenza
n. 5230 del 2 aprile 2012 con la quale la Corte di Cassazione, confermando l'esclusiva responsabilità nella causazione dell'infortunio in capo al datore di lavoro, ha però ritenuto erronea la motivazione della sentenza della Corte d'Appello che, nello stabilire l'indennizzo in favore del lavoratore vittima di un grave incidente, faceva discendere l'esistenza del danno morale da quello biologico, senza fare un'indagine autonoma sulla sussistenza di un diritto probabile, ma comunque non accertato. In particolare la Corte di merito aveva affermato la responsabilità del datore di lavoro nella causazione dell'evento, riconoscendo al lavoratore infortunato il danno biologico
e il danno morale in misura pari al 50% del danno biologico. La Suprema Corte ha precisato che "nella motivazione della sentenza impugnata i danni liquidati a titolo di danno morale appaiono correlati alla medesime malattie considerate per il danno biologico e liquidati, nella loro entità, in una quota parte di tale ultimo danno. La motivazione pertanto appare non coerente con i principi fissati dalla giurisprudenza di questa Corte che imponeva una specifica considerazione dei profili di danno ed anche una specifica e separata quantificazione."

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