Deve considerarsi opposizione all'esecuzione, quella che il socio illimittamente responsabile di una società di persone propone contro il precetto notificatogli dal creditore sociale sulla base del titolo esecutivo giudiziale formatosi nei confronti della società, se nell'opposizione fa valere la mancata osservanza dell'art. 2304 cod. civ. (escussione preventiva del patrimonio della società). E' quanto chiarisce la terza sezione civile della Corte di Cassazione (sentenza n. 23749, depositata il 14 novembre 2011) secondo cui tale opposizione attiene ad una condizione dell'azione esecutiva nei confronti del socio, quindi al diritto del creditore sociale di agire esecutivamente ai danni di quest'ultimo. Infatti - spiega la Corte - "la differenza fra opposizione all'esecuzione
ed opposizione agli atti esecutivi deve essere individuata nel fatto che la prima investe l'an dell'azione esecutiva, cioè il diritto della parte istante a promuovere l'esecuzione sia in via assoluta che relativa, mentre la seconda attiene ai quomodo dell'azione stessa e concerne, quindi, la regolarità formale del titolo esecutivo o del precetto ovvero dei singoli atti di esecuzione, senza riguardare il potere dell'istante sa agire in executivis (cfr., fra le tante, Cass. n. 16262/05, n. 8112/06, n. 24047/09). La Corte ha poi concluso precisando che, nel caso di specie "la sentenza
impugnata non ha fatto applicazione dei principi di cui sopra e, qualificando l'opposizione come opposizione agli atti esecutivi e ritenendone perciò la tardività perché proposta oltre il termine dell'art. 617 cod. proc. civ., ha reso, con la declaratoria di inammissibilità, una decisione non conforme a diritto, non pervenendo all'esame nel merito della domanda (arg. a contrario da Cass. n. 23847/08)".
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