Con la sentenza n. 12957 depositta il 14 giugno 2011 la Corte di Cassazione ha stabilito che l'attività istruttoria svolta dal giudice monocratico, su delega del collegio, in violazione della regola della trattazione collegiale del procedimento che si svolge davanti alla corte d'appello, non si traduce tout court in un vizio di costituzione del giudice ex articolo 158 Cpc, con conseguente nullità assoluta della relativa pronuncia, occorrendo, a tal fine, la specifica deduzione e il positivo riscontro, che l'attività stessa abbia in concreto comportato l'esplicazione di funzioni, se non decisorie, certamente valutative, riservate dalla legge al collegio. La Corte, nella motivazione della sentenza
, distaccandosi dall'orientamento generale in materia (secondo il quale "attività ordinatoria viene unanimamente ritenuta la direzione dell'udienza di prima comparizione delle parti, ovvero di precisazione delle conclusioni, e cioè, in definitiva, di udienze di mero smistamente della causa, mentre l'assunzione di mezzi istruttori è tout court normalmente considerata attività valutativa, riserata, in quanto tale al collegio) ha spiegato che "anzitutto, l'inespresso postulato ideologico di fondo dell'opzione ermeneutica fin qui seguita dalla giurisprudenza di legittimità - la necessità che la prova venga assunta dal medesimo organo che, dovendo decidere la controversia
, sarà chiamato a scrutinare gli esiti - è principio nel quale il medesimo legislatore preocessuale civile mostra di non credere troppo, posto che l'ordinamento disciplina istituti, come la prova delegata (art. 230 cod. proc. Civ.), ai quali questa scissione è per così dire, consustanziale. A ciò aggiungasi il carattere automaticamente valutativo dell'attività di assunzione dei mezzi istruttori è affermazione che contrasta con dati di comune esperienza, che ben conosce casi in cui l'assunzione si atteggia in realtà, come meccanica riproduzione di quel che viene detto o di quel che accade davanti all'istruttore. Ne deriva che l'ottica pragmatica in cui si pone questa Corte allorchè, a fronte di attività di carattere sicuramente ordinatorio richiede, ai fini dell'utile denuncia del vizio costituito dal loro irregolare espletamento, l'allegazione di uno specifico pregiudizio che da quella devizione sia in concreto derivato ai diritti e alle facoltà processuali della parte, merita di essere estesa, e specularmente applicata, anche all'attività istruttoria. Deve pertanto affermarsi, in tale prospettiva, che la denuncia di nullità per violazione della regola della trattazione collegiale non può prescindere dalla deduzione di specifici profili valutativi che l'attività svolta dal giudice monocratico, su delega
del collegio, abbia in concreto assunto, a tale, positivo riscontro essendo in definitiva affidato l'accoglimento dell'evocato epilogo invalidante del vizio". Rigettando il ricorso, gli Ermellini hanno infine precisato che "la società ricorrente ha veicolato la sua richiesta di cassazione della sentenza impugnata sulla secca prospettazione dell'assunzione della prova testimoniale, ammessa dal giudice del gravame, da parte di uno solo dei membri dell'organo collegiale, predicandone il carattere astrattamente e sempre valutativo, a prescindere dallo svolgimento che, nei fatti abbia avuto, il procedimento di assunzione".
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