La Corte di Cassazione, con sentenza n. 10346/2011, ha affermato la legittimità dell'apposizione di termine ad un contratto di lavoro anche nel caso in cui l'esplicitazioni delle ragioni che presiedono a tale esigenza - che devono risultare specificate, a pena di inefficacia, in apposito atto scritto e che il datore di lavoro ha l'onere di indicare in modo circostanziato e puntuale, al fine di assicurarne la trasparenza e la veridicità - risultino indirettamente dal contratto
di lavoro, in particolare nel caso in cui, data la complessità e l'articolazione del fatto organizzativo, tecnico o produttivo che è a base della esigenza di assunzione a termine, questo risulti analizzato in specifici documenti, specie a contenuto concertativo, richiamati nella causale di assunzione. Infatti, spiegano i giudici di legittimità, sebbene nel nuovo quadro normativo di cui al D.leg. n. 368 del 2001, alla contrattazione collettiva non spetti più un autonomo potere di qualificazione delle esigenze aziendali idonee a consentire l'assunzione a termine, tuttavia, la mediazione collettiva ed i relativi esiti concertativi restano pur sempre un elemento rilevante di rappresentazione delle esigenze aziendali in termini compatibili con la tutela degli interessi dei dipendenti. In particolare "spetta al giudice di merito accertare, con valutazione che, se correttamente motivata ed esente da vizi giuridici, resta esente dal sindacato di legittimità, la sussistenza di tali presupposti, valutando ogni elemento, ritualmente acquisito al processo, idoneo a dar riscontro alle ragioni specificatamente indicate con atto scritto ai fini dell'assunzione a termine, ivi compresi gli accordi collettivi intervenuti fra le parti sociali e richiamati nel contratto costitutivo del rapporto."

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