La Corte di Cassazione, con sentenza n. 8351 del 12 aprile 2011, ha stabilito che l'aggressione violenta e particolarmente vile nei confronti di un superiore gerarchico per ragioni lavorative è certamente circostanza idonea a comportare ripercussioni nell'ambiente lavorativo ed a minare radicalmente la fiducia del datore di lavoro nel proprio dipendente, rappresentando quindi giusta causa di licenziamento. Sulla base di tale principio i Giudici di legittimità hanno respinto il ricorso di un lavoratore che, nei primi due gradi di giudizio, si era visto rigettare la domanda volta ad ottenere l'accertamento dell'illegittimità del licenziamento
intimatogli per motivi disciplinari ritenendo i giudici di merito che il fatto contestato (diverbio con un collega di lavoro culminato con uno scontro fisico durante la pausa pranzo) fosse di gravità tale da integrare la giusta causa di licenziamento. La Suprema Corte, confermando la sentenza della Corte d'Appello - che si è pronunciata con motivazione adeguata e coerente sul piano logico -, ha sottolineato che il comportamento del lavoratore ha gravemente violati i doveri di fedeltà ed obbedienza ritenendo pertanto il provvedimento espulsivo pienamente proporzionato all'illecito disciplinare; ha inoltre rimarcato che il giudizio in ordine alla proporzionalità della sanzione è rimesso al giudice di merito, la cui valutazione è insandacabile in sede di legittimità se, come nel caso di specie, sorretta da adeguata motivazione.

Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: