I pericoli del garantismo

I pericoli del garantismo

Scrisse Publio Sirio :"L’assoluzione del colpevole condanna un giudice." E’ una citazione vecchia di venti secoli, ma oggi come allora, si attraversa un periodo di profondo cambiamento sia politico che sociale.

Il I secolo a.C. fu segnato da ribellioni, guerre, fallite riforme, conquiste, riconquiste e, soprattutto, da personaggi come Silla, Cesare, Cicerone, Antonio e Ottaviano. In quegli anni si parlava di uomini nuovi, homo novus, - ovvero uomini che provenivano da una famiglia in cui nessuno mai aveva rivestito alcuna carica pubblica- si parlava di demagogia quindi, di cambiare tutto. Ed è quello a cui s’ anela pure oggi, sebben con scarsi risultati, a distanza di millenni, l’uomo vacilla ancora una volta sul baratro tra la perdizione o la salvezza. E temi come il rispetto della persona, il diritto alla libertà personale, il nesso fra legalità e libertà, la separazione tra diritto e morale, la tolleranza politica, l’indipendenza della funzione giudiziaria e i limiti del potere dello stato, sono tutti valori fondamentali dello stato di diritto moderno maturato da quello antico, ma che restano purtroppo valori largamente irrealizzati e troppo spesso incompiuti.

Vi è un divario tra il sistema normativo delle garanzie e il funzionamento effettivo delle istituzioni punitive. Forse le radici vanno ricercate nella fragilità teorica del modello garantista tramandato dalla tradizione illuministica e nella concorrenza ad esso opposta, fin dal secolo scorso, dal continuo riemergere di archetipi penali premoderni e di mai spente tentazioni autoritarie. Si potrebbe, allora, anche poter dire di un garantismo come stretta legalità dello stato di diritto, quindi un garantismo inteso come un modello penale, dove la legge non è altro che una garanzia di legalità, ma dove, per un altro verso, non garantisce, e la garanzia di penalità diviene necessaria per assestare eventuali autoritarismi cavillosi, una garanzia della legge nella sua stessa autorità.

Ma c’è una forma di garantismo ancor più fondamentale, e cioè quella che deriva come necessità dal dualismo sostanzialmente esistente fra il diritto istituito nelle costituzioni reali e il diritto ideale; quindi un garantire i diritti umani nella loro pienezza di fronte alle istituzioni che sono in vigore.

Infatti, l’insieme di norme che compongono i codici di rito rendono, purtroppo, possibile che una sentenza conduca all’assoluzione per ragioni diverse dal merito: decadenza, prescrizioni, ed errori di forma rischiano di fatto di vanificare procedimenti giudiziari durati anni. E si ha la sensazione forte, una certezza più che altro, che le regole che muovono l’intero processo giuridico siano improntate al cavillo piuttosto che alla reale volontà di accertare la verità e di fare giustizia. Occorre quindi assicurare delle condizioni materiali più robuste e improntate verso la ricerca pura e semplice della verità e di rendere giustizia, cioè assicurare la possibilità di prevedere le conseguenze delle azioni proprie e degli altri in base alle norme di diritto vigenti. Ma a questo punto entrano in campo anche i fattori dell’uguaglianza del cittadino, ossia un qualunque cittadino è garante delle proprie azioni, e di conseguenza le proprie azioni sono responsabilità inconfutabile e incontrovertibile di chi le compie. Libertà d’azione, libero arbitrio quindi, uguaglianza e diritto di giustizia. Il diritto di giustizia è ricondotto sempre all’ideologia di un dover essere etico e morale. La fonte di questa riduzione è soprattutto il cristianesimo. Solo in sottordine si riconosce un terreno economico, proprio laddove il tema della giustizia si salda al problema dell'uguaglianza.

Quando il problema viene posto in termini di dovere etico e morale, il punto fondamentale è: chi decide i principi etico - morali?

Il diritto di giustizia, prima di essere un dovere, quindi prima di porsi come 'dover essere', deve essere posto nell'unità di libertà e uguaglianza, cioè deve porsi nell'orizzonte economico delle garanzie di attuabilità e di esercizio della libertà. Quindi, con 'piano-orizzonte' dell'economico, non si vuole intendere strettamente il piano dell'economia nel suo senso corrente, ma generalmente quello di tutti i possibili elementi che possano dare garanzia di attuabilità e di esercitabilità della

libertà. Sarebbe dunque necessario rendere espliciti nuovi terreni di garantismo per unire il campo dei diritti a quello dell'uguaglianza, per riappropriarci di un giustizialismo fatto di giustizia e di una giustizia che sia garante e consequenziale alle nostre azioni. La giustizia deve pertanto 'tendere al diritto', deve cioè tradurre il suo dover essere immanente in diritto: deve estrarre da sé quello che non è dato, cioè le esigenze, i bisogni, le aspettative. Ripulire le cavillosità e lucidare il bisogno di verità.

L’ Azzeccagarbugli del Manzoni ha fatto scuola . Un personaggio capace di avvolgere ogni questione nelle nubi dell’erudizione giuridica, di ridurre il mondo intero in un cavillo.

 

 

 

La cavillosità è forse diventata il sostituto corrente della legalità?

Purtroppo il personaggio sopra citato è stato spesso preso come esempio, e di azzeccagarbugli pronti a intrufolarsi nei meandri della legge per escogitarne le più cavillose interpretazioni, buone per molti usi, siamo letteralmente circondati e sopraffatti.

Il fenomeno si regge su una mentalità assai diffusa, e cioè quella di chi sa che nelle pieghe dei codici, i torti e le ragioni, possono essere variamente rappresentati, anche perché spesso si tende a scambiare l’efficienza di un uomo di legge chi misura, non tanto il suo servire la verità, ma la capacità di rappresentare il reale escogitando di volta in volta il cavillo giusto, con colori e contorni il più possibile vicini a quelli che corrispondono all’interesse che in quel momento è in discussione. Non per niente è difficile allontanare il sospetto che dietro il linguaggio tribunalesco del nostro interlocutore si nasconda la segreta intenzione di trarre profitto dall’accaduto.

Chi per qualsiasi ragione si trova a doversi confrontare con il mondo giudiziario di oggi, avverte un’ insanabile contrasto tra la giustizia codificata e il senso di giustizia che fa parte del comune sentire. Come se il termine "giustizia" assumesse, a seconda di come e dove lo si collochi, un senso assolutamente nuovo e diverso.

Il cittadino avverte sempre più spesso il peso del formalismo giudiziario. Così, nella letteratura popolare il termine "formalismo" allude a un vero e proprio vizio dell’uomo di legge.

Bisogna chiedersi allora come poter al meglio agire per comprendere come svincolarsi dalla forma mentis giudiziaria, rinunciare allo sterile rigore delle forme e affidarsi al comune sentire del senso di giustizia, e non ad un elenco di codici che rendono inutile e superflua persino la nostra coscienza. Non sono pochi i casi successi, soprattutto negli ultimi anni, di boss mafiosi e pluri omicidi scarcerati e rimessi in libertà per via di un misero cavillo; uno sconcertante e recente caso è quello di un uomo che dopo aver preso a colpi di accetta la moglie, in preda ad un inspiegabile raptus, il Tribunale del riesame stante a un cavillo procedurale, lo ha dovuto rimettere in libertà.

Nella concezione forte della libertà lo stato in quanto contratto sociale dei cittadini, la legge, i diritti di giustizia, derivano dai diritti di libertà e non viceversa. Si riconduce, inoltre, la giustizia al piano dei diritti (di libertà), e

 

 

l'uguaglianza all'interno della libertà. E si restringe lo spazio di antagonismo e conflittualità attorno al 'bene comune'; quindi, la contrapposizione fra interessi

individuali e generali può diventare accidentale, proprio perché la

giustizia si rapporta in un altro modo rispetto al diritto di libertà e l'uguaglianza, la verità, viene vista all'interno della libertà stessa.

Nella concezione forte della libertà, si mette in discussione la Costituzione in quanto sistema oggettivato di norme.

Per concludere: i diritti di uguaglianza, quindi di libertà positiva, non sono formalmente garantiti dalla Costituzione. Il conflitto tra i due terreni: giustizia-libertà e libertà-uguaglianza è un conflitto sociale e politico. La protezione delle libertà fondamentali non può essere affidata a una sequenza di codici e cavilli: ciò vuol dire che non c'è un valore in sé al quale la legislazione costituzionale dovrebbe avere la capacità autonoma di conformarsi e confrontarsi se non quella del proprio sentire.

Nev Nikolaevic Tolstoy (1828-1910) scriveva nel suo "Guerra e Pace" : Dov’è Tribunale è l’iniquità. Sebben più recenti di quelle di Publio, tali parole non possono che essere considerate attuali e incontrovertibili, perché non può non risultare contrario e contraddittorio rispetto alla nostra coscienza l’utilizzo di un formalismo esasperato che soffoca quotidianamente ogni tentativo di giustizia e verità.