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L'intervento dei terzi nel giudizio

Il processo può estendersi a parti terze rispetto alle originarie, che possono intervenire volontariamente, su istanza di parte o per ordine del giudice 


Guida di procedura civile

Il processo civile non necessariamente si svolge solo tra le parti originarie (attore/i e convenuto/i), essendo sempre possibile che un terzo vi entri a far parte di sua iniziativa o perché chiamato in causa dalle parti (su istanza delle stesse o per ordine del giudice).

L'intervento di terzo volontario

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L'intervento volontario del terzo è disciplinato dagli articoli 105 e 267 c.p.c..

Sulla base di tali norme, chiunque può intervenire in un processo che pende tra altri soggetti, se vuole far valere nei confronti di una o più parti un suo diritto relativo all'oggetto o dipendente dal titolo dedotto nel processo medesimo.

E' anche possibile intervenire solo per sostenere le ragioni di una delle parti, sempre che sussista un interesse personale.

In sostanza, l'intervento spontaneo del terzo può essere di tre tipi:

  • principale, quando è volto ad affermare un diritto in contrasto con quelli vantati da attore e convenuto;
  • litisconsortile, quando il terzo vuole far valere un diritto autonomo ma che lo pone in una posizione uguale o parallela a quella di una delle parti;
  • adesivo, quando l'interveniente prende parte al giudizio al fine di sostenere le ragioni di una delle parti in causa, per un proprio interesse.

A norma dell'articolo 267 c.p.c., il terzo può intervenire in giudizio presentando in udienza o depositando in cancelleria un'apposita comparsa nella quale espone le proprie ragioni, indica i mezzi di prova a loro sostegno e deposita i documenti opportuni.

Se l'intervento non avviene in udienza, è il cancelliere che ne dà comunicazione alle altre parti.

L'intervento di terzo su istanza di parte

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L'intervento del terzo può avvenire anche su istanza di parte ai sensi dell'articolo 106 c.p.c.. Le parti, infatti, possono chiamare nel processo un terzo al quale ritengono comune la causa o dal quale pretendono di essere garantite.

Alla chiamata di un terzo in causa si provvede a norma dell'articolo 269 c.p.c..

Tale disposizione prevede che la parte che vuole chiamare un terzo in causa deve provvedervi mediante citazione a comparire nell'udienza appositamente fissata dal giudice istruttore, nel rispetto dei termini fissati dall'articolo 163-bis c.p.c. (costituzione nel termine di venti giorni prima dell'udienza fissata o di dieci giorni prima in caso di abbreviazione dei termini).

Le regole procedurali della chiamata di terzo

Nel chiamare in causa un terzo, è fondamentale rispettare alcune norme procedurali: il convenuto che intenda chiamare un terzo deve, infatti, farne dichiarazione nella comparsa di risposta a pena di decadenza e, contestualmente, chiedere al giudice istruttore lo spostamento della prima udienza per poter provvedere alla citazione, ad esso affidata, nel rispetto dei termini previsti dall'articolo 163-bis c.p.c..

Entro cinque giorni dalla richiesta, quindi, con decreto del giudice comunicato dal cancelliere alle parti costituite, viene fissata la data della nuova udienza.

Anche l'attore potrebbe essere interessato a chiamare un terzo in causa a seguito delle difese svolte dal convenuto nella comparsa di risposta. In tal caso, egli deve chiedere al giudice di essere autorizzato alla chiamata, a pena di decadenza, in sede di prima udienza.

Il giudice istruttore, se concede l'autorizzazione, fissa una nuova udienza allo scopo di consentire all'attore di citare il terzo nel rispetto dei termini di cui all'articolo 163-bis c.p.c. e stabilisce un termine perentorio entro il quale deve provvedersi alla citazione.

La parte che chiama in causa il terzo deve depositare la citazione notificata entro il termine previsto dall'articolo 165 c.p.c. per la costituzione dell'attore mentre il terzo deve costituirsi a norma dell'articolo 166 c.p.c., ovverosia secondo quanto previsto dal codice di rito per la costituzione del convenuto.

L'intervento di terzo per ordine del giudice

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Il terzo, infine, può intervenire in giudizio laddove ciò venga disposto dal giudice.

Tale ipotesi, disciplinata dall'articolo 107 c.p.c., si verifica, sostanzialmente, quando il rapporto di cui è titolare il terzo sia legato da un nesso di pregiudizialità con il rapporto dedotto in giudizio.

La peculiarità di questa chiamata è che essa non è effettuata direttamente dal giudice, ma ordinata da questo ad una qualsiasi delle parti.

Se la parte non vi provvede, a norma dell'articolo 270 c.p.c. il giudice dispone la cancellazione della causa dal ruolo.

Aggiornamento: novembre 2019