Il risarcimento danni per la lunga durata dei processi

Guida al risarcimento dei danni per la lunga durata dei processi: dall'introduzione della legge Pinto alle recenti riforme

La legge Pinto

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Con la ratifica della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (legge 4 agosto 1955 n. 848) veniva introdotto nell'ordinamento italiano il diritto alla ragionevole durata del processo, in forza degli impegni assunti dallo Stato in sede comunitaria. Tale diritto veniva altresì recepito espressamente a livello costituzionale tramite la previsione dell'art. 111, comma 2, che recita "ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata".

Per allinearsi alle disposizioni comunitarie e costituzionali, il legislatore intervenne con la L. 89/2001, c.d. Legge Pinto, che introduceva un procedimento nazionale per salvaguardare il cittadino dall'irragionevole durata dei processi senza dover ricorrere agli organi della Giustizia Europea.

La disciplina dell'equa riparazione della Legge Pinto è stata oggetto di modifica ed integrazione con il c.d. decreto Crescitalia (d.l. n. 83 del 2012, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134) per eliminare incertezze e contrasti interpretativi sorti nel corso degli anni e per rendere i giudizi più celeri, limitandone i costi ed alcuni rigidi automatismi.

La nuova disciplina si applica ai ricorsi depositati a decorrere dalla data dell'11 settembre 2012.

Quando il processo si considera eccessivamente lungo

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Le legge prevede dei parametri fissi che identificano l'eccessiva durata del processo, sia esso civile, penale, amministrativo o tributario.

Il termine ragionevole è violato quando il processo eccede la durata di 3 anni in primo grado, di due anni in secondo grado e di un anno nel giudizio di legittimità.

Per il processo di esecuzione forzata e per la procedura concorsuale, i termini di ragionevole durata sono rispettivamente di tre e sei anni.

In deroga ai parametri richiamati, si considera comunque rispettato il termine ragionevole se il giudizio viene definito in modo irrevocabile in un tempo non superiore a sei anni.

Il computo dei termini

I termini si computano a partire dal deposito del ricorso introduttivo del giudizio ovvero con la notificazione dell'atto di citazione, in ambito penale dall'assunzione della qualità di imputato, di parte civile o di responsabile civile, oppure dalla legale conoscenza dell'indagato della chiusura delle indagini preliminari.

Per il computo non si tiene conto del tempo in cui il processo è sospeso o di quello intercorso tra il giorno in cui inizia a decorrere il termine per proporre l'impugnazione e la proposizione della stessa.

Sono altresì da escludere dal computo dei termini circa l'irragionevole durata dei processi, i ritardi dovuti ai rinvii che il difensore richiede per aver aderito all'astensione delle udienze, trattandosi di una scelta non imputabile all'organizzazione giudiziaria e quindi da addebitare alla parte rappresentata che si dolga dell'irragionevole durata del processo nel quale la detta astensione è avvenuta (Cass. Civ., sez. VI, 16 giugno 2015, n. 12447). 

Il giudice, nel giudizio finalizzato ad accertare la violazione, andrà a valutare oltre ai termini, anche la complessità del caso, l'oggetto del procedimento, il comportamento delle parti e del giudice durante il procedimento, nonché quello di ogni altro soggetto chiamato a concorrervi o a contribuire alla sua definizione. 

Il ricorso: parti e giudice competente

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La disciplina attuale prevede un diritto all'equa riparazione spettante a chiunque abbia subito un danno patrimoniale o non patrimoniale a causa dell'eccessiva durata del processo.

Vi rientrano tutte le parti processuali, indipendentemente dall'esito della causa, e anche gli eredi della parte che abbia introdotto il giudizio del quale si lamenta la non ragionevole durata (Cass. Civ., Sez. Un., 23 dicembre 2005, n. 28507).

Anche le persone giuridiche hanno diritto all'equa riparazione del danno per l'irragionevole durata del processo (Cass. Civ., sez. I, 5 aprile 2007, n. 8604).

Mentre il danno economico direttamente scaturente dal ritardo processuale andrà provato nella sua esistenza e nel suo ammontare, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha stabilito che per i danni non patrimoniali vi è una presunzione di esistenza, quindi un'inversione probatoria per cui spetterà a parte convenuta a doverne provare l'insussistenza (Cass. Civ. Sez. Un., 26 Gennaio 2004, n. 1338).

La domanda può essere proposta a pena di decadenza entro sei mesi dal momento in cui la decisione che conclude il procedimento è divenuta definitiva.

A tutela dei principi di terzietà e indipendente del giudice, la domanda di equa riparazione si propone alla Corte d'Appello di diverso distretto rispetto a quello di appartenenza del giudice che abbia violato la ragionevole durata (analogamente a quanto previsto dall'art. 11 c.p.p.): il giudice competente è identificato da un'apposita tabella predisposta dalla legge.

Unitamente al ricorso dovrà depositarsi copia autentica degli atti della causa, poiché necessari a valutare la tempistica processuale e l'eventuale ritardo. Gli atti all'uopo richiesti sono: atto di citazione, comparse, memorie, verbali di causa e provvedimento del giudice nonché il provvedimento che ha definito il giudizio (sentenza od ordinanza irrevocabili).

Parti convenute del giudizio saranno il Ministro della giustizia quando si tratta di procedimenti del giudice ordinario, il Ministro della difesa quando si tratta di procedimenti del giudice militare e, negli altri casi, il Ministro dell'economia e delle finanze.

Il procedimento

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Il giudice designato provvede sulla domanda di equa riparazione con decreto motivato da emettere entro 30 giorni dal deposito del ricorso.

Se il ricorso viene accolto il giudice ingiunge all'amministrazione convenuta il pagamento senza dilazione di una somma liquidata quale equa riparazione, autorizzando in mancanza la provvisoria esecuzione e liquidando nel decreto anche le spese del procedimento di cui ingiunge il pagamento.

Il ricorso, unitamente al decreto che accoglie la domanda di equa riparazione, è notificato per copia autentica al soggetto nei cui confronti la domanda è proposta, altrimenti diviene inefficace se la notificazione non sia eseguita entro trenta giorni dal deposito in cancelleria del provvedimento e la domanda di equa riparazione non può essere più proposta.

Il giudice, se ritiene la domanda insufficientemente giustificata, dispone che il cancelliere ne dia notizia al ricorrente per consentirgli un supplemento di prova. Il giudice rigetta la domanda se il ricorrente non risponde all'invito o non ritira il ricorso oppure se la domanda non è accoglibile. Se il ricorso è in tutto o in parte respinto la domanda non può essere riproposta, ma la parte può fare opposizione.

L'indennizzo "per equa riparazione"

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L'indennizzo previsto per tale procedura ha natura di "equa riparazione" e viene liquidato in una somma di denaro non inferiore a 500 euro e non superiore a 1.500 euro per ciascun anno, o frazione di anno superiore a sei mesi, che eccede il termine ragionevole di durata del processo.  

In deroga a questa disposizione, tuttavia, la misura dell'indennizzo, non può in ogni caso essere superiore al valore della causa o, se inferiore, a quello del diritto accertato dal giudice.

L'indennizzo viene determinato a norma dell'art. 2056 c.c., tenendo conto dell'esito del processo nel quale si è verificata la violazione di durata, del comportamento del giudice e delle parti, della natura degli interessi coinvolti e del valore e della rilevanza della causa, valutati anche in relazione alle condizioni personali della parte.

Inoltre, anche se il giudice gode di una certa discrezionalità nel definire il quantum del risarcimento per eccessiva durata del processo,  rispetto ai parametri fissati dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, tuttavia la cifra liquidata a titolo di equa riparazione non potrà mai essere "meramente simbolica" o irragionevole, dovendo il giudicante rimanere coerente con la tradizione giuridica e con il tenore di vita del paese interessato (Cass. Civ., sez. VI, 26 gennaio 2015, n. 1364).

Non è però riconosciuto alcun indennizzo:

- in favore della parte soccombente condannata per responsabilità aggravata (ex art. 96 c.p.c.);

- per la parte che abbia rifiutato senza giustificato motivo la proposta conciliativa del giudice (ex art. 91, primo comma, secondo periodo, c.p.c.) o quando il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde interamente al contenuto della proposta;

- nel caso di estinzione del reato per intervenuta prescrizione connessa a condotte dilatorie della parte;

- quando l'imputato non ha depositato istanza di accelerazione del processo penale nei trenta giorni successivi al superamento dei termini cui all'articolo 2-bis;

- in ogni altro caso di abuso dei poteri processuali che abbia determinato una ingiustificata dilazione dei tempi del procedimento.

Fac-simile ricorso risarcimento danni eccessiva durata processo

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CORTE DI APPELLO CIVILE DI L'AQUILA

RICORSO EX ART. 3 L. 89/2001

per

_______________ , (C.F. _____________), nato il ___________ in ___________  ed ivi residente in Via ________________, rappresentata e difesa dall'Avv. _________________ C.F. _____________ - pec: _________ -  fax _________) del Foro di ________________ e, ai fini della presente procedura, elettivamente domiciliata presso lo Studio dell'Avv. ________________ del Foro di L'Aquila, in Via _________________, giusta delega in calce al presente atto;

- Ricorrente -

CONTRO

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro-tempore, presso gli Uffici dell'Avvocatura Distrettuale dello Stato che lo rappresenta e difende per legge; - Resistente -

ESPOSIZIONE DEI FATTI

Processo di primo e secondo grado di giudizio durato complessivamente 28 anni e, precisamente, 21 anni e mezzo per il primo grado (iscritto al R.G.N. _________ del Tribunale di Ascoli Piceno, introdotto con Atto di citazione notificato in data _________ e conclusosi con Sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno n. _________, depositata in data __________ e notificata in data __________) e 6 anni e mezzo per il secondo grado (iscritto al R.G.N. __________ della Corte di Appello di Ancona, introdotto con Atto di citazione in appello notificato in data _________ e conclusosi con Sentenza della Corte di Appello di Ancona n. __________ depositata il ___________ e non notificata).

PRIMO GRADO DI GIUDIZIO

1) Con atto di citazione notificato in data ____________ [descrivere sinteticamente la vicenda processuale a partire dall'atto introduttivo e dalla costituzione in giudizio del convenuto]. 

2) conclusasi l'istruttoria, la causa veniva trattenuta in decisione all'udienza Collegiale del _____________

Il procedimento di primo grado si è dunque concluso solo dopo 21 anni e mezzo dalla sua instaurazione a seguito del deposito in data __________ della Sentenza del Tribunale.

4) Più precisamente le udienze tenutesi in primo grado sono state le seguenti:

PRIMA UDIENZA. Data: _________ [Descrivere cosa è accaduto all'udienza]

SECONDA UDIENZA. Data: _________ [Descrivere cosa è accaduto all'udienza]

TERZA UDIENZA. Data: _________ [Descrivere cosa è accaduto all'udienza]

Descrivere tutte le udienze.

***

Con Sentenza n. __________, depositata in data __________ il Tribunale di Ascoli Piceno ..... [accoglieva o rigettava] la domanda attorea ritenendo che..... 

SECONDO GRADO DI GIUDIZIO

1) Avverso la sentenza del Tribunale gli attori proponevano appello notificato in data ________ , sostenendo che il Giudice di prime cure avrebbe erroneamente ______________________ 

2) con Comparsa di risposta del __________ si costituiva nel giudizio di appello _______________ contestando integralmente le avverse pretese e insistendo per la conferma delle statuizioni della gravata Sentenza. 

3) all'udienza del ___________ precisate le conclusioni, veniva fissata l'udienza collegiale del __________  per la discussione, con concessione dei termini per il deposito di Comparse conclusionali e di eventuali Memorie di replica;

4) trattenuta all'udienza del __________ la causa in decisione, con Sentenza depositata in data ___________ la Corte così provvedeva: ______________

Il giudizio di secondo grado si è concluso solo dopo 6 anni e mezzo dalla sua instaurazione a seguito del deposito in data _________ della Sentenza n. _______ della Corte di Appello.

Più precisamente le udienze tenutesi nel secondo grado di giudizio sono state le seguenti:

PRIMA UDIENZA. Data __________ [Descrivere cosa è accaduto all'udienza].

SECONDA UDIENZA. Data __________ [Descrivere cosa è accaduto all'udienza].

DESCRIVERE TUTTE LE UDIENZE.....

***

Con Sentenza n. ___________ depositata in data ____________ e ad oggi non ancora notificata, la Corte di Appello dichiarava ..... 

In ordine all'"an debeatur".

Pertanto e in conclusione, appare totalmente abnorme ed irragionevole la durata della suddetta causa che, sebbene protrattasi per due gradi di giudizio, è durata complessivamente 28 anni di cui 21 anni e mezzo per il primo grado e 6 anni e mezzo per il secondo grado di giudizio. Più precisamente, con riferimento al processo iscritto al R.G.N. __________ iniziato dinnanzi al Tribunale di _________ il 13 dicembre del lontano 1982 (data di notifica dell'atto di citazione) e terminato solo a distanza di 21 anni e mezzo dal suo inizio a seguito della Sentenza n. _________ , dovendo considerare i tempi processuali, le pause di inattività dovute all'Ufficio e la questione giuridica affrontata (scioglimento di divisione ereditaria che si risolve generalmente per il tramite di una c.t.u. volta a formare il progetto di divisione dei beni in contestazione), osserviamo che la causa avrebbe in ogni caso potuto durare meno e, comunque, entro il periodo che normalmente viene ritenuto ragionevole per un giudizio di solo primo grado, ovvero tre anni. A tal riguardo è opportuno porre l'attenzione della Ecc.ma Corte adita sulle cause che hanno maggiormente contribuito a determinare l'abnorme lungaggine del procedimento.

Appare assolutamente ingiustificato dal punto di vista dell'economia processuale la scelta del Giudice di prime cure di rinviare la causa per innumerevoli anni, sempre in sede di comparizione personale delle parti. 

Il Giudice, vista la mancata comparizione degli interessati ripetutasi per svariati anni, avrebbe dovuto dare impulso al prosieguo del processo, sussistendo in capo al Magistrato i poteri intesi al più sollecito e leale svolgimento del procedimento stesso. In sostanza: non appare giustificato il comportamento inerte e di acquiescenza dell'Istruttore che così facendo ha ritardato la remissione della causa dinnanzi al Collegio perché fosse assunta in decisione.

Si veda al riguardo una recente Sentenza della Suprema Corte di Cassazione ove si legge che "in materia di durata ragionevole del processo e di valutazione del comportamento delle parti è al Giudice che viene attribuito l'esercizio di tutti i poteri intesi al più sollecito e leale svolgimento del procedimento, sicché a carico delle parti processuali vi è sì il dovere di non porre in essere comportamenti dilatori, ma non quello di dare impulso al processo, attraverso richieste di anticipazioni di udienza od altre istanze dirette a velocizzarne i tempi" (Cass. civ., sez. I, 5.9.2008, n. 22404). E ancora, sempre dello stesso tenore: "ai fini del riconoscimento, ai sensi della legge n. 89 del 2001, del diritto ad un'equa riparazione per violazione del termine ragionevole del processo, non possono essere ascritti in toto al comportamento delle parti i ritardi dovuti alle continue richieste di rinvio non funzionali al contraddittorio e al corretto svolgimento del processo, rilevando gli stessi, almeno in parte, in caso di inerzia ed acquiescenza dell'istruttore - in capo al quale sussistono tutti i poteri intesi al più sollecito e leale svolgimento del procedimento stesso - ai fini della valutazione del comportamento del giudice, ai sensi dell'art. 2, comma 2, della citata legge n. 89 del 2001(…)" (Cass. civ., sez. I, 28 settembre 2005, n. 18924).

Irragionevole appare inoltre.... [indicare altre anomalie del processo che hanno determinato ritardi].

Ma cosa ancora più grave appare l'attesa di _____________ per ottenere lo scioglimento della riserva assunta all'udienza del _________ 

Ad allungare i tempi processuali hanno contribuito anche i rinvii d'ufficio (Cfr. Udienze_______ ).

Alla luce di quanto sopra esposto appare evidente l'esistenza di un danno non patrimoniale riconducibile alla ritardata definizione della causa di cui in premessa, che ha influito in maniera consistente sulla situazione personale della ricorrente e sulla sua legittima aspettativa di una conclusione della vertenza giudiziaria in tempi ragionevoli. Il procedimento in questione, infatti, durato complessivamente ventotto anni, ha superato di ben ventitrè anni la soglia della durata ragionevole prevista dall'art. 6 paragrafo 1 della Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo.

Tanto basta per ritenere fondato il presente ricorso.

Art. 4 della legge 24/03/2001 n. 89 .

Quanto al termine dei sei mesi dalla decisione interna definitiva, al fine del vaglio di ricevibilità del presente ricorso, la ricorrente precisa che la causa è stata da ultimo decisa con Sentenza n. _____  depositata dalla Corte di Appello di Ancona in data 2.5.2011 e non notificata, avverso la quale è stato proposto Ricorso per Cassazione notificato in data _____________ 

Pertanto, l'odierna ricorrente qui propone tempestivamente il presente ricorso. La Corte di Cassazione a tal riguardo ha osservato che "ai fini del riconoscimento dell'equo indennizzo, previsto dalla L. 24 marzo 2001 n. 89, anche quando il processo si sia svolto davanti a due diversi gradi giurisdizionali, è necessario avere riguardo all'intero giudizio, sommando ogni singola fase o grado, dall'introduzione fino alla pronuncia definitiva, secondo quanto deve desumersi dall'art. 4 che prevede un termine di decadenza per la proposizione della domanda di equa riparazione con decorrenza dal momento in cui la decisione, che conclude il giudizio, sia divenuta immodificabile" (Cass. Civ. Sez. I, 6 settembre 2007, n. 187220).

Art. 3 comma 1 della legge 24/03/2001 n. 89.

Non sembra dubbia la competenza di Codesta Ecc.ma Corte e ciò ai sensi dell'art. 3 comma 1 della legge 24.3.2001 n. 89 e ai sensi dell'art. 11 del c.p.p., in quanto il distretto in cui si è concluso o estinto il giudizio relativamente ai gradi di merito, è quello di Ancona.

In ordine al "quantum debeatur".

La ricorrente, richiamati i parametri stabiliti dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, chiede, a titolo di equa riparazione, un risarcimento danni pari ad € 1.000,00 per ogni anno di durata del processo superiore ai tre anni, fissati dalla giurisprudenza quale ragionevole durata di un processo di solo primo grado, che moltiplicato per i diciotto anni e mezzo di ritardo ingiustificato del primo grado di giudizio, ammonta ad un totale di € _____________. Si chiede inoltre un risarcimento danni pari ad € ____________ per la durata dei quattro anni e mezzo eccedenti gli anni due del secondo grado di giudizio. Il tutto per un complessivo importo relativo ai due gradi di giudizio di € _______________.

Art. 5 della legge 24 marzo 2001 n. 89

L'odierna ricorrente ritiene che non sussista nella presente fattispecie alcun profilo di responsabilità dei Giudici e degli altri dipendenti pubblici da segnalare al Procuratore Generale della Corte dei Conti a norma dell'art. 5 della Legge 24 marzo 2001 n. 89.

***

Tutto ciò premesso, l'istante chiede che, previa fissazione con decreto dell'udienza in Camera di Consiglio, l'Ecc.ma Corte d'Appello adita, contrariis reiectis, Voglia accogliere le seguenti conclusioni:

= "In via principale dichiarare che, per i fatti in premessa descritti, cioè per un processo civile durato ventotto anni, di cui ventuno e mezzo per il primo grado e sei anni e mezzo per il secondo grado di giudizio, sussiste la violazione dell'art. 6, paragrafo 1, della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole e che, pertanto, la ricorrente ha diritto all'equa riparazione ex art. 2 della legge 24 marzo 2001 n. 89 e, per l'effetto, condannare a titolo di equo indennizzo il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro-tempore, al pagamento in favore di ______________ della complessiva somma di € ___________ oltre interessi e rivalutazione monetaria come per legge. Il tutto salva diversa somma maggiore o minore che verrà ritenuta di Giustizia.

= In via subordinata e in caso di contestazione della documentazione allegata in fotocopia al presente ricorso, a norma dell'art. 3, comma 5 della Legge n. 89/2001, disporre l'acquisizione degli atti del procedimento citato nelle premesse in fatto.

Il tutto con vittoria di spese, diritti e onorari di giudizio e con espressa riserva di proporre domanda per l'equo indennizzo anche in riferimento al giudizio di Cassazione".

Si produce:

1) Copia del fascicolo di parte di secondo grado contenente anche il fascicolo di parte di primo grado;

2) Copia della Sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno n. __________, depositata in data 31.7.2004 e notificata in data 20.10.2004;

3) Copia della Sentenza della Corte di Appello di Ancona n. ____________, depositata in data 2.5.2011 e non notificata;

4) Copia fotostatica dei verbali del giudizio di primo grado;

5) Copia fotostatica dei verbali del giudizio di secondo grado;

6) Informativa sulla mediazione resa ai sensi dell'art. 4 comma 3 del D.lgs. n. 28/2010.

Ai fini del pagamento del contributo unificato si dichiara che il presente procedimento è esente ai sensi dell'art. 10 comma 1° D.P.R. 115/2002.

Ascoli Piceno - L'Aquila, ___________ Avv. ___________

MANDATO: Io sottoscritto ______________ informato ai sensi dell'art. 4 3° comma del D.Lgs. n. 28/2010 della possibilità di ricorrere al procedimento di mediazione ivi previsto e dei benefici fiscali di cui agli artt. 17 e 20 del medesimo decreto come da atto allegato, delego a rappresentarmi e difendermi nel presente procedimento per l'equa riparazione dell'eccessiva durata dei processi rubricati al R.G.N. _________ presso il Tribunale di _________ ed al R.G.N. ___________ presso la Corte di Appello di ____________ , l'Avv. _______________ del Foro di _____________, conferendogli ogni e più ampia facoltà di legge, compresa quella di transigere, rinunciare agli atti, chiamare in causa terzi, proporre domande riconvenzionali, farsi sostituire, rappresentare la parte alla prima udienza di trattazione, dare esecuzione agli emanandi provvedimenti promuovendo esecuzioni mobiliari, immobiliari e presso terzi. Dichiaro di eleggere domicilio presso lo Studio dell'Avv. _____________ del Foro di L'Aquila, Via ________________.

Autorizzo il trattamento dei dati personali sensibili ai sensi del D.lgs. 196/2003 necessari all'espletamento del mandato.

V. per autentica

Aggiornamento gennaio 2021