Custodia e amministrazione fallimento

La riforma del 2006 ha sensibilmente modificato anche la fase della custodia e dell'amministrazione delle attività fallimentari, disciplinata al capo IV agli artt. 84-90 L.F.

Sulla base dell'art. 84 L.F., così come sostituito dal d. lgs. n. 5/2006, una volta dichiarato il fallimento, il curatore procede, secondo le norme stabilite dal codice di procedura civile, ad apporre i sigilli sui beni che si trovano nella sede principale dell'impresa, nonché sugli altri beni del debitore.

Come ha precisato la Corte di Cassazione penale con sentenza n. 51613/2017: “Si deve poi ricordare che, ai sensi degli artt. 84 e seguenti I. fall., è fatto obbligo al fallito di provvedere alla consegna delle scritture contabili, della documentazione della ditta e dei beni destinati a rientrare nell'attivo fallimentare e che pertanto non è compito del curatore ricercarli in luoghi che il fallito non abbia specificamente e positivamente segnalato. Ed ancora, che incombe sul fallito la prova che i beni di sua proprietà, o il ricavato della loro vendita, siano stati posti a disposizione dei creditori della ditta (da ultimo: Sez. 5, n. 8260 del 22/09/2015).�?

Il curatore può anche richiedere l'assistenza della forza pubblica, ove necessaria, e, nel caso in cui i beni o le cose del fallito si trovino in più luoghi o comunque non è agevole l'immediato completamento delle operazioni, può delegare l'operazione di apposizione dei sigilli ad uno o più coadiutori designati dal giudice delegato.

Per i beni e le cose sulle quali non è possibile apporre i sigilli si procede, invece, a norma dell'articolo 758 c.p.c.

Devono, inoltre, essere consegnati al curatore, il quale, previa autorizzazione del giudice delegato, può provvedere al deposito in un luogo idoneo, anche presso terzi: il denaro contante; le cambiali e gli altri titoli, compresi quelli scaduti; le scritture contabili e ogni altra documentazione dal medesimo richiesta o acquisita se non ancora depositate in cancelleria (art. 86 L.F.). Il curatore è tenuto ad esibire le scritture contabili, qualora il fallito o chiunque ne abbia diritto, ne faccia richiesta, i quali, nell'ipotesi in cui il curatore non provveda, possono proporre ricorso al giudice delegato che provvede con decreto motivato.

Una volta rimossi i sigilli, il curatore è tenuto a redigere l'inventario, "nel più breve termine possibile secondo le norme stabilite dal codice di procedura civile", in presenza o previo avviso del fallito e del comitato dei creditori, laddove nominato, nonché dei creditori stessi che possono intervenire. Al contempo, il curatore prende in consegna i beni "di mano in mano che ne fa l'inventario", insieme con le scritture contabili e i documenti del fallito (art. 88 L.F.) e redige, con l'assistenza del cancelliere, processo verbale delle attività compiute.

Prima di chiudere l'inventario, il curatore invita il fallito (ovvero gli amministratori se si tratta di società), a dichiarare, se ne hanno notizia, l'esistenza di altre attività da comprendere nell'inventario, avvertendoli delle pene stabilite dall'art. 220 in caso di falsa o omessa dichiarazione, e, successivamente, deposita lo stesso, in originale e sottoscritto da tutti gli intervenuti, presso la cancelleria del tribunale.

Esaminate le scritture contabili del fallito e le altre notizie della procedura, sulla base di quanto disposto dal novellato art. 89 L.F., il curatore è tenuto a compilare l'elenco dei creditori, con l'indicazione dei rispettivi crediti e diritti di prelazione, nonché l'elenco di tutti coloro che vantano diritti reali e personali, mobiliari e immobiliari, sulle cose in possesso o nella disponibilità del fallito con l'indicazione dei relativi titoli, depositando entrambi in cancelleria.

Il curatore è tenuto altresì a redigere il bilancio dell'ultimo esercizio, ove non presentato dal fallito che chiede il proprio fallimento nel termine stabilito dall'art. 14 L.F. apportandovi le rettifiche necessarie e le eventuali aggiunte.

A norma dell'art. 90, modificato dalla riforma del 2006, è compito del cancelliere, immediatamente dopo la pubblicazione della sentenza di fallimento, formare un fascicolo, anche in modalità informatica, corredato di indice, nel quale "devono essere contenuti tutti gli atti, i provvedimenti ed i ricorsi attinenti al procedimento, opportunamente suddivisi in sezioni, esclusi quelli che, per ragioni di riservatezza, debbono essere custoditi separatamente".

Il fascicolo deve essere a disposizione del comitato dei creditori e di ciascun suo componente per la presa visione di qualunque atto o documento in esso contenuto. Analogo diritto spetta al fallito, fatta eccezione per la relazione del curatore e per gli eventuali atti riservati su disposizione del giudice delegato. Anche i creditori e i terzi interessati hanno diritto di prendere visione del fascicolo e di estrarre copia degli atti e dei documenti per i quali hanno uno specifico e attuale interesse, previa autorizzazione del giudice delegato e sentito il curatore.

Cassazione civile, con ordinanza n. 16101/2014 ha avuto modo di precisare che:L'art. 90 1. fall., rubricato "Fascicolo della procedura", stabilisce, al terzo comma, che i creditori (e i terzi) possano prendere visione ed estrarre copia degli atti e dei documenti per i quali sussiste un loro specifico ed attuale interesse, previa autorizzazione del giudice delegato, sentito il curatore. E' evidente come tale norma, che riproduce in materia fallimentare la norma generale di cui all'art. 169 cod. proc. civ., inserita nel contesto della formazione e della verifica dello stato passivo, abbia un ambito oggettivo di applicazione ampio, in virtù della sua collocazione sistematica, nel capo relativo alla custodia e amministrazione delle attività fallimentari, e in virtù della sua portata generale: essa risulta perciò certamente applicabile al procedimento di accertamento dello stato passivo, ex art. 93 1. fall. e, a fortiori, al procedimento di opposizione allo stato passivo, ex art. 98 1. fall., dove più sono avvertite le esigenze sottese alla ratio della norma�? .