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La buona fede contrattuale

Analisi del canone di correttezza al quale devono ispirarsi tutte le parti di un rapporto contrattuale: guida alla buona fede contrattuale
Guida sul contratto

Cos'è la buona fede contrattuale

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Nella disciplina del contratto la buona fede va intesa come reciproca lealtà di condotta e fondamentale canone di correttezza al quale tutte le parti di un rapporto contrattuale devono necessariamente ispirarsi.

In altre parole, a ciascuna delle parti del rapporto è imposto di agire in maniera tale da poter preservare gli interessi dell'altra, al di là degli specifici obblighi contrattuali e di quanto espressamente stabilito dalle singole norme o dal dovere extracontrattuale che si sostanzia nel principio del neminem laedere: l'obbligo di lealtà si affianca, in tal modo, all'obbligo di salvaguardia dell'altrui utilità, nei limiti di un apprezzabile sacrificio, e sfuma in esso.

La buona fede, in ogni caso, non impone un comportamento con un contenuto esattamente prestabilito, ma richiede comportamenti diversi, adeguati alle concrete circostanze. Essa costituisce, quindi, un precetto rivolto ai singoli in qualità di regola di comportamento e al giudice in quanto modello di decisione, finalizzato a garantire il giusto equilibrio tra interessi opposti.

In conclusione, la buona fede contrattuale è uno strumento che integra, limita e corregge il contenuto normativo dell'obbligazione

La buona fede contrattuale nel codice civile

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Le norme di legge del nostro ordinamento fanno più volte riferimento alla buona fede contrattuale.

In particolare, il Codice Civile sancisce che le parti contraenti debbano comportarsi secondo buona fede in ogni fase del rapporto contrattuale, ovverosia: 

  • durante le trattative (art.1337 c.c.);
  • in pendenza di condizione sospensiva o risolutiva (art. 1358 c.c.);
  • nell'esercizio dell'eccezione di inadempimento (art. 1360 c.c.);
  • nell'esecuzione del contratto (art. 1375 c.c.). 

Inoltre, la buona fede, secondo quanto stabilito dall'art. 1366 c.c., assurge a criterio di interpretazione del contratto stesso. 

Differenze tra buona fede contrattuale e soggettiva

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La buona fede contrattuale, come detto sopra, significa correttezza o lealtà dei contraenti. Essa, quindi, si differenzia dalla buona fede soggettiva, che consiste, invece, nell'ignoranza non colposa della lesione dell'altrui diritto, e si pone come regola di comportamento afferente al generale principio di solidarietà sociale.

Funzione del dovere di buona fede contrattuale

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Appare evidente come l'indeterminatezza che ne caratterizza il contenuto faccia della buona fede una clausola generale: nel nostro ordinamento, le clausole generali hanno la funzione di tracciare delle direttive in grado di regolare un'ampia casistica, lasciando al giudice un notevole margine decisionale.

Il dovere generale di buona fede contrattuale ha l'importantissima funzione di colmare le inevitabili lacune legislative: esso stabilisce i criteri necessari per sopperire alle mancanze del sistema legislativo dovute alla molteplicità e alla varietà delle situazioni della vita sociale ed economica.

La buona fede contrattuale, in sostanza, viene oggi intesa come limite generale all'autonomia dei privati, come fonte di integrazione del contratto e come strumento di controllo del suo contenuto.

La buona fede nel contratto di assicurazione

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Tra i tanti rapporti negoziali che si possono instaurare nel nostro ordinamento, uno dei più diffusi è di certo quello di assicurazione, alla base del quale, molte volte, vi è un vero e proprio dovere giuridico imposto dal nostro ordinamento.

Orbene, anche le Compagnie di assicurazione sono tenute ad agire nei confronti dei propri assicurati secondo buona fede (così come questi ultimi nei confronti delle prime), con la conseguenza che, in caso di violazione di tale precetto, le stesse possono essere chiamate a risponderne, risarcendo il danneggiato nella misura dei vantaggi che lo stesso avrebbe potuto ottenere se il contratto fosse stato eseguito secondo buona fede (ad esempio, di quanto l'assicurato ha pagato in più rispetto a quello che avrebbe dovuto pagare se l'assicuratore si fosse comportato con buona fede nell'esecuzione del contratto).

La Cassazione sulla buona fede contrattuale

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La giurisprudenza della Corte di cassazione si è occupata più volte di buona fede contrattuale. 

Riportiamo quindi qui di seguito alcune massime interessanti in argomento: 

Cassazione n. 32478/2019

In materia di responsabilità da fideiussione, gli obblighi di buona fede e correttezza contrattuale - da intendersi in senso oggettivo - impongono alla parte garantita di salvaguardare la posizione del proprio fideiussore, con la conseguenza che la loro violazione non consente l'esercizio di pretese nei confronti del garante, nella misura in cui la sua posizione sia stata aggravata dal garantito. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza che aveva escluso la violazione delle clausole di correttezza e buona fede sul mero assunto che la scelta dell'appaltante garantito di pagare all'appaltatore il saldo finale, nonostante la presenza di vizi ed a fronte dell'impegno all'eliminazione degli stessi, non fosse censurabile sotto il profilo della colpa - non essendo l'inadempimento ancora divenuto definitivo -, laddove avrebbe dovuto invece considerare - sul piano oggettivo - l'idoneità della condotta a salvaguardare l'interesse del garante ovvero ad aggravarne la posizione)

Cassazione n. 21759/2016

L'inadempimento contrattuale può anche essere anticipato rispetto alla scadenza prevista per l'adempimento ("anticipatory breach"), qualora il debitore, in violazione dell'obbligo di buona fede, tenga una condotta che renda impossibile o antieconomica la prosecuzione del rapporto.

Cassazione n. 4628/2015

La stipulazione di un contratto preliminare di preliminare (nella specie, relativo ad una compravendita immobiliare), ossia di un accordo in virtù del quale le parti si obblighino a concludere un successivo contratto che preveda anche solamente effetti obbligatori (e con l'esclusione dell'esecuzione in forma specifica in caso di inadempimento) è valido ed efficace, e dunque non è nullo per difetto di causa, ove sia configurabile un interesse delle parti, meritevole di tutela, ad una formazione progressiva del contratto, fondata su una differenziazione dei contenuti negoziali, e sia identificabile la più ristretta area del regolamento di interessi coperta dal vincolo negoziale originato dal primo preliminare. La violazione di tale accordo, in quanto contraria a buona fede, è idonea a fondare, per la mancata conclusione del contratto stipulando, una responsabilità contrattuale da inadempimento di una obbligazione specifica sorta nella fase precontrattuale.

Cassazione n. 23873/2013

L'articolo 1337 del codice civile ha valore di clausola generale ed impone alle parti il dovere di trattare con lealtà astenendosi da comportamenti maliziosi o reticenti e mettendo in condizioni da controparte di conoscere ogni dato rilevante, conosciuto o conoscibile con l'ordinaria diligenza, ai fini della stipula del contratto.

La violazione di tale obbligo di correttezza e buona fede durante le trattative e nella formazione del contratto assume rilevanza non solo in caso di rottura ingiustificata delle trattative ma anche nel caso in cui il contratto concluso pur risultando valido risulti pregiudizievole a chi è stato vittima del comportamento di malafede.

Cassazione n. 6526/2012

L'obbligo di lealtà reciproca imposto dall'articolo 1337 del codice civile comporta un dovere di completezza informativa sulla reale intenzione di concludere un contratto.

E un mutamento delle circostanze non può legittimare la reticenza o la maliziosa omissione di informazioni rilevanti.

Cassazione n. 27648/2011

Nelle ipotesi di responsabilità precontrattuale ex articolo 1337 c.c. può applicarsi l'articolo 1223 c.c. con la conseguenza che il risarcimento del danno dovrà comprendere sia la perdita subita che il mancato guadagno a patto che vi sia una relazione immediata e diretta con la lesione dell'affidamento e non del contratto. 

Sotto questo profilo si ha diritto al risarcimento del danno emergente (come le spese sostenute) e del lucro cessante (come le occasioni di lavoro mancate). Va esclusa invece la possibilità di ottenere il ristoro di quanto sarebbe stato dovuto in forza del contratto non concluso.

Data: 15 gennaio 2020