ESEMPIO REDAZIONE ATTO PENALE

Guida all'esame da avvocato
A cura di: Avv. Tatiana Traini

Esempio redazione di un atto penale (Atto di Appello)

Alla Ecc.ma Corte d’Appello di …

Atto d’appello e motivi a sostegno

Il sottoscritto Avv … , difensore di fiducia come da nomina in calce al presente atto, di Tizio nato a … e residente a … in via …, imputato nel procedimento penale n. … RGNR, condannato dal Tribunale di … con sentenza n. … pronunciata in data … e depositata in data …, alla pena di anni 1 di reclusione per il reato di resistenza a pubblico ufficiale e il reato di lesioni volontarie

PROPONE APPELLO

avverso la sopra indicata sentenza, in particolare su tutti i capi o punti della stessa sui quali si basa l’affermazione della penale responsabilità dell’imputato, con il sostegno dei motivi che qui di seguito si precisano e che rappresentano le ragioni di diritto e gli elementi di fatto dell’impugnazione.

Preliminarmente è opportuno ricordare alla Ecc.ma Corte, che Tizio, nel momento in cui veniva fermato dai Vigili Urbani in Via del Corso, esibiva agli stessi l’autorizzazione amministrativa che gli permette di entrare all’interno del centro storico con la propria autovettura. Pertanto nessuna contravvenzione poteva essere sollevata a Tizio, in quanto il suo comportamento è reso legittimo dall’art. 51 c.p. che prevede la scriminante dell’esercizio del diritto. La decisa opposizione dei vigili urbani al passaggio di Tizio, dalla quale sono poi derivati tutti i fatti oggetto di sentenza, appare dunque del tutto ingiustificata.

In ordine al reato di resistenza al pubblico ufficiale, esso si realizza ogniqualvolta un soggetto usi violenze o minacce per opporsi ad un pubblico ufficiale o ad un incaricato di pubblico servizio, mentre compie un atto di ufficio o di servizio. Nel caso di specie, il comportamento tenuto dai vigili urbani non può considerarsi un legittimo atto d’ufficio, anzi la condotta degli stessi fa sì che al comportamento tenuto da Tizio possa essere applicata la scriminante della "reazione agli atti arbitrari" ex art. 4 del decreto legislativo 14 settembre 1944 n. 288. Tale esimente trova applicazione ogniqualvolta il pubblico ufficiale compia un atto arbitrario, cioè un comportamento che obiettivamente manifesti o riveli un carattere di prepotenza o di sopruso determinato dalla volontà consapevole del pubblico ufficiale di perseguire fini o utilizzare mezzi non compatibili con quanto previsto dal nostro ordinamento giuridico. In tal senso si è espressa anche la recente giurisprudenza che afferma " in materia di atti arbitrari del pubblico ufficiale, ai fini della sussistenza dell’esimente di cui all’art. 4, d. lgt. 288/44, non basta che il pubblico ufficiale ecceda dai limiti delle sue attribuzioni, ma è altresì necessario che tenga una condotta improntata a vessazione, sopruso, prevaricazione e prepotenza nei confronti del privato destinatario" (cass. Pen., sez. VI, 02/222986) e ancora "in tema di resistenza a pubblico ufficiale è applicabile la scriminante di cui all’art. 4 del D. lgt 14 settembre 1944 n. 288, anche in presenza di un comportamento sconveniente e prepotente del pubblico ufficiale dovendosi qualificare come << atto arbitrario>> il consapevole travalicamento da parte del pubblico ufficiale dei limiti e delle modalità entro cui le pubbliche funzioni devono essere esercitate" (Cass. Pen. Sez VI 06/235430) Nel caso di specie la condotta tenuta dai Vigili Urbani accertatori nei confronti di Tizio deve considerarsi arbitrario, in quanto rispondente esattamente alle caratteristiche evidenziate dalla giurisprudenza. Gli agenti infatti, pur essendo a conoscenza che il permesso amministrativo in possesso dell’imputato gli garantiva il libero accesso al centro storico, gli impedivano il passaggio e in seguito alle legittime proteste di Tizio, limitate al mero piano verbale, uno dei due vigili addirittura afferrava l’uomo per il braccio minacciandogli più gravi sanzioni in caso di permanenza di quell’atteggiamento di protesta. Sussiste inoltre il nesso di causalità tra la reazione dell’agente e la condotta arbitraria del pubblico ufficiale, che costituisce la ragione determinante della condotta offensiva: Tizio infatti aveva cercato di spiegare le proprie ragioni, prima esibendo il suo permesso, poi spiegando la situazione ai Vigili, e solo in seguito alla condotta vessatoria di uno dei due pubblici ufficiali, l’uomo, esasperato dal sopruso subito reagiva.

La condotta di Tizio dunque, e scriminata dall’applicazione della causa di giustificazione della "reazione agli atti arbitrari" prevista dall’art. 4 d.lgt. 288/44.

Per quanto concerne il reato di lesione volontarie, lo stesso non sussiste perché la condotta di Tizio è scriminata dalla causa di giustificazione prevista nell’art. 52 c.p. (legittima difesa). Tale articolo afferma che non è punibile chi ha commesso il fatto di reato per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro l’attuale pericolo di un offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionale all’offesa subita. I requisiti per l’applicazione della detta esimente sono diversi: innanzitutto l’offesa che si subisce deve essere ingiusta e dare origine ad un pericolo attuale, cioè ad un pericolo presente o incombente, cioè una situazione pericolosa in corso al momento della reazione e non futura o già esaurita. Il legislatore ha considerato che per l’applicazione dell’esimente in questione è necessario che tra offesa ingiusta e difesa legittima deve sussistere un rapporto di proporzionalità, e il giudizio relativo a tale proporzione deve essere formulato in riferimento ai mezzi a disposizione dell’aggredito ed ai beni tutelati. Nel caso di specie, l’atteggiamento violento e aggressivo tenuto dal Vigile Urbano che afferra Tizio per un braccio appare senz’altro ingiusto perché è vero che le forze dell’ordine pubblico sono tenute ad utilizzare la forza, ma possono farlo sole se sussistono determinate circostanze di pericolo e per rispondere ad altrui comportamenti violenti: violenza che non si verifica nel caso di specie. Il pugno sferrato da Tizio al pubblico Ufficiale potrebbe apparire sproporzionato, ma non bisogna dimenticare il timore che i gesti e le parole di un appartenente alle forze dell’ordine munito inoltre di armi possono incutere in un privato cittadino.

Nel caso in cui la fattispecie concreta non sia considerata perfettamente rispondente alla scriminante della legittima difesa "reale" è applicabile al caso di specie la legittima difesa putativa ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 59 c.p. che tende a equiparare la situazione di chi agisce effettivamente in presenza di una causa di giustificazione a quella di chi confida erroneamente nella sua presenza.

Nella denegata ipotesi in cui la Ecc.ma Corte non riconosca l’esistenza delle scriminanti sovra citate, si chiede che, per quanto riguarda il reato di resistenza al pubblico ufficiale, il giudice nella commisurazione della pena tenga conto dell’attenuante della provocazione contemplata dall’art. 62 n. 2 c.p. e delle attenuanti generiche ex art. 62 bis c.p., tenendo conto dell’incensuratezza dell’imputato nonchè delle ineccepibili condizioni di vita dello stesso. Per quanto riguarda invece il reato di lesioni volontarie, si chiede che il detto reato venga derubricato a reato di lesioni colpose valutando la legittima difesa dell’imputato come espressione di eccesso colposo ai sensi dell’art. 55 c.p.Si chiede anche in questo caso l’applicazione dell’attenuante della provocazione e delle attenuanti generiche da considerarsi prevalente sull’aggravante ex art. 61 n.10 c.p.

Per tutti i motivi sopra esposti

SI CHIEDE

L’assoluzione dell’imputato Tizio dai reati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni volontarie, perché il fatto non sussiste.

In subordine, previa derubricazione del reato di lesioni personali in lesioni colpose e previa concessione delle attenuanti generiche ex art. 62 bis c.p., dell’attenuante prevista dall’art. 62 n. 2 c.p., l’unificazione dei reati sotto il vincolo della continuazione e l’applicazione del minimo della pena, nonché la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena stessa.

NOMINA A DIFENSORE DI FIDUCIA.

Il sottoscritto Tizio, nato a … il … e residente in … alla via … condannato dal tribunale di … con sentenza n. … del … per i reati di cui agli articoli 337 e 582 c.p.

Nomina

Quale proprio difensore di fiducia l’avv. … del foro di … con studio in … alla via …

Delega il predetto difensore al deposito del presente atto e a rappresentarlo e difenderlo nel conseguente giudizio. Elegge altresì domicilio presso lo studio dello stesso.

…, lì, …

Tizio

E’autentica

Avv …

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