Consulenza Legale OnLine

(Guida ai servizi di consulenza legale nel web - seconda parte)

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Dopo questa rapida panoramica sulle nuove possibilità per i "clienti telematici", dovremmo chiederci qual’è la regolamentazione della consulenza legale on line. Il Consiglio Nazionale Forense è intervenuto di recente modificando, nella seduta del 27 gennaio 2006 l’art. 17 del Codice di deontologia forense. La vecchia formulazione della norma prevedeva espressamente la possibilità di utilizzare la rete internet per l'offerta di consulenza legale purché fossero indicati i dati anagrafici, la Partita Iva e il Consiglio dell’ordine di appartenenza. La norma richiedeva anche il rispetto dei seguenti obblighi:
- impegno espressamente dichiarato al rispetto del codice deontologico, con la riproduzione del testo, ovvero con la precisazione dei modi o mezzi per consentirne il reperimento o la consultazione;
- indicazione della persona responsabile;
- specificazione degli estremi della eventuale polizza assicurativa, con copertura riferita anche alle prestazioni on-line e indicazione dei massimali;
- indicazione delle vigenti tariffe professionali per la determinazione dei corrispettivi. Questa regolamentazione è stata ora inspiegabilmente soppressa giacché la consulenza telematica continua a espressamente contemplata dalle tariffe professionali forensi in ambito stragiudiziale.
Che interpretazione dare dunque alla soppressione pressoché integrale della disciplina della consulenza legale on line? In definitiva, in mancanza di un espresso divieto, dovremmo ritenere che, la consulenza legale on line si possa liberamente proporre nella rete internet restando però incerte le modalità concrete in cui l'avvocato può operare.

Qualche dubbio potrebbe sorgere in merito alla possibilità di pubblicizzare questa tipologia di servizio.
Per comprendere la portata della questione dovremmo innanzitutto prendere le mosse da una direttiva comunitaria (2000/31/CE). L’art. 8 di questa direttiva prevede che gli stati membri debbono autorizzare i professionisti all’impiego di comunicazioni commerciali purché nel rispetto delle regole professionali relative in particolare all’indipendenza, alla dignità all’onore della professione, al segreto professionale e alla lealtà verso clienti e colleghi. Dalla lettura della norma sembra che il riferimento principale sia ai "contenuti" del messaggi promozionale. Attualmente sembra che in Italia permangano forti resistenze a dare il via libera alla pubblicità per gli avvocati. Lo dimostra il fatto che il recente intervento sull'articolo 17 del Codice di Deontologia Forense autorizza il ricorso ai mezzi pubblicitari entro limiti estremamente ristretti. La novella del codice deontologico, non si è limita infatti a dettare regole di massima per la tutela della dignità e del decoro professionale ma limita l'utilizzo di comunicazioni commerciali inserrendo nell'art. 17 bis un elencazione che sembrerebbe tassativa di quelli che sono i mezzi pubblicitari consentiti.

Ciò che lascia perplessi è il fatto che tra questi mezzi siano indicati i biglietti da visita, la carta da lettere, le targhe apposte all'ingresso degli edifici che non sembra si possano qualificare veri e propri strumenti di pubblicità. E' vero che si consente l'uso di brochure informative ma non è chiaro come queste possano essere distribuite. Gli altri mezzi indicati nell'art. 17 bis appaiono del tutto inadeguati a una significativa comunicazione pubblicitaria. Si indicano gli annuari professionali (che non hanno certo una tiratura e una distribuzione significative), le rubriche telefoniche e, da ultimo, le riviste e le pubblicazioni in materie giuridiche (le quali, sebbene accessibili a chiunque, sono oggetto d’interesse molto più per i colleghi che per potenziali clienti);

La possibilità di pubblicizzare la consulenza legale on line risulta in pratica vanificata e confinata entro margini del tutto insignificanti favorendosi così di fatto chi, non essendo iscritto all'albo professionale ma avendo conseguito un diploma di laurea potrebbe tranquillamente avviare una attività consulenziale on line senza sottostare ai vincoli posti del codice di deontologia forense.

Vale la pena ricordare che la corte di Cassazione (Cass. Pen., sez. IV, 11 Marzo 2003, n. 17921) ha riconosciuto che non costituisce esercizio abusivo della professione un'attività come quella della consulenza legale non rientrando in quelle attività tipiche riservati in via esclusiva a soggetti dotati di speciale abilitazione.

A nostro parere dunque l’attuale codice di deontologia forense è ancora lontano dagli obiettivi della direttiva comunitaria sopra citata. E ciò comporta una penalizzazione degli avvocati rispetto a qualsiasi altro laureato in giurisprudenza che ha la piena libertà di offrire servizi di consulenza e di pubblicizzarli.

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