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Fondazioni, intercapedini, vespai e vani tecnici

Cosa sono, qual è la funzione e come si ripartiscono le spese relativamente a fondazioni, intercapedini, vespai e vani tecnici

Le fondazioni

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Le fondazioni sono costituite da tutte le opere poste nel sottosuolo destinate ad elevare e sostenere l'intero edificio. Come il suolo, e salvo patto contrario, anch'esse quali parti necessarie per la stabilità della struttura condominiale sono di proprietà comune e come tali, pertanto, soggette ai criteri di ripartizione delle spese stabiliti dall'art. 1123, 1° comma, c.c.
A volte, però, le loro particolari caratteristiche costruttive fanno sorgere problemi circa l'esatta qualificazione, per cui se è pacifico che fanno parte delle fondazioni gli scavi, le opere di consolidamento, di sostegno e i terrapieni, per quanto concerne, ad esempio, le intercapedini e i vespai si è reso necessario più volte l'intervento della giurisprudenza per stabilire se fare rientrare tali beni all'interno dell'elencazione di cui all'art. 1117 c.c., sulla base della loro attitudine oggettiva al godimento comune e della concreta destinazione degli stessi al servizio comune, con le conseguenti ricadute sull'ammissibilità di determinati usi e della realizzazione di opere da parte dei condomini e la pedissequa applicazione dei criteri di cui all'art. 1123 c.c. in ordine alla ripartizione delle spese

Le fondazioni nei condomini a più edifici

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Altra problematica, sempre più frequente nelle nuove costruzioni condominiali, costituite da più edifici, riguarda l'unicità o meno delle fondazioni comportando conseguenze anche in ordine alla loro qualifica di bene comune ed alla ripartizione delle relative spese. 
In particolare, quando il condominio è composto da più edifici fisicamente separati, autonomi e funzionali tra loro, poggianti su fondazioni differenti, e solo le fondamenta di uno dei "lotti" vengono interessate da opere di manutenzione e/o rifacimento, si pone il problema se anche i condomini degli edifici non interessati debbano partecipare alla ripartizione delle spese condominiali. In sostanza, la questione è riconducibile all'unitarietà o meno del condominio, in presenza di differenti corpi di fabbricato (come, ad esempio, avviene negli schemi del "condominio unico" o del "supercondominio"). 
Per la giurisprudenza, l'edificio va considerato in maniera unitaria e dunque con l'individuazione di tutte le fondazioni quali parti comuni, quando, sebbene diviso in più lotti, sia caratterizzato da elementi comuni a tutti i condomini (ad esempio, ascensore; unico atrio di ingresso; continuità di corridoi; giunti di dilatazione; ecc.) e la presenza di "fondazioni differenti" è da imputare non alla diversa proprietà degli immobili bensì ad esigenze di ordine tecnico, ovvero alla particolare tipologia costruttiva adoperata in funzione alla composizione e alla qualità del sottosuolo (Cass. n. 13262/2012). 

Le intercapedini

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Per intercapedini si intendono di regola le "zone di rispetto" tra diversi edifici aventi la doppia finalità di contemperare gli interessi contrapposti di proprietari vicini (nel rispetto dei limiti delle distanze fra costruzioni nell'ambito dei rapporti di vicinato) e di soddisfare esigenze di igiene e sicurezza pubblica, poiché aventi la funzione di far circolare aria e luce ed evitare umidità e infiltrazioni d'acqua a vantaggio sia dei piani interrati che delle fondamenta e dei pilastri, parti necessarie per l'esistenza dell'intero edificio condominiale.
Deve, pertanto, considerarsi comune l'intercapedine (o le parti di fondazioni interessanti il sottosuolo del fondo del vicino confinante) ricadente su terreno adiacente, di proprietà altrui, che conserva la sua qualifica di bene comune dell'edificio cui è destinata, quale parte essenziale e non autonoma delle fondazioni dello stesso.
Analogamente, salvo che il titolo contrattuale non disponga diversamente, poiché devono considerarsi beni comuni anche tutti quelli assimilabili alle parti espressamente indicate nell'art. 1117 c.c., in relazione alla destinazione al comune godimento o al servizio della proprietà esclusiva, la giurisprudenza ritiene comune (e, pertanto, assoggettata ai criteri proporzionali stabiliti dal 1° comma dell'art. 1123 c.c. per la ripartizione delle spese necessarie per la sua conservazione e godimento) l'intercapedine esistente tra pilastri e terreno adiacente, quando la stessa non ha alcuna autonomia funzionale o strutturale ma è parte delle fondazioni che, a causa della conformazione del fabbricato, non si esauriscono nella porzione interamente sotterrata del pilastro ma comprendono, necessariamente, anche quella parte che fuoriesce per via dell'andamento del terreno (Cass. n. 946/2013).

I vespai

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Una delle questioni più controverse, invece, è l'inclusione o meno nell'ambito dei beni comuni dei c.d. "vespai".
Tali manufatti consistono nel riempimento (a nido d'ape con terra di riporto; con pietrame; a camera d'aria; ecc.) dello spazio esistente tra le fondamenta dell'edificio e i piani terranei, con la finalità di preservare i locali condominiali dall'umidità e dalle infiltrazioni provenienti dal sottosuolo.
Il problema della qualifica dei vespai quali beni comuni oppure oggetti di proprietà del condomino proprietario dell'appartamento posto al piano terra, in mancanza di titoli specifici, assume rilevanza, soprattutto laddove essi non assolvano alla loro funzione, risultino danneggiati o addirittura vadano realizzati ex novo, costringendo, pertanto, il condominio ad affrontare notevoli spese per le opere di manutenzione o per la realizzazione di tali strutture.
In merito, per lungo tempo la giurisprudenza ha sostenuto che i vespai non rientrano nell'ambito dei beni comuni ex art. 1117 c.c., bensì costituiscono manufatti ben distinti dalle fondazioni e al servizio esclusivo dell'unità immobiliare al piano terreno e poggiante sul suolo comune (Cass. n. 8119/2004; n. 6357/1993). Tuttavia, l'indirizzo giurisprudenziale più recente, di legittimità e di merito, rintracciando la funzione precipua del vespaio nella "conservazione delle strutture portanti dell'intero edificio" e solo in via complementare nell'utilità apportata al pavimento del pianterreno (Trib. Palermo 14.2.2011) sostiene che "l'intercapedine esistente tra il piano di posa delle fondazioni, costituente il suolo dell'edificio, e la superficie del piano terra, se non risulta diversamente dai titoli di acquisto delle singole proprietà, appartiene come parte comune, a tutti i condomini ex art. 1117 codice civile, in quanto destinata all'aerazione e alla coibentazione del fabbricato" (Cass. n. 2157/2012; Cass. n. 3854/2008) ovvero destinata "ad evitare umidità ed infiltrazioni d'acqua sia a vantaggio dei piani interrati o seminterrati sia a vantaggio delle fondamenta o dei pilastri, che sono parti necessarie per l'esistenza di tutto il fabbricato" (Cass. n. 4391/1996), per cui le spese necessarie per la manutenzione o la realizzazione dei vespai vanno ripartite tra tutti i condomini in proporzione ai valori millesimali delle proprietà individuali.

Vani tecnici e ispettivi

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Anche il vano tecnico che ospita le fondamenta di un edificio, salva l'esistenza di un titolo specifico che ne attesti l'uso a vantaggio esclusivo di un'unità abitativa, va considerato di proprietà comune a tutti i condomini (Trib. Cagliari 20.9.2000). Analogamente, rientrano nella categoria dei beni comuni anche quelle porzioni di suolo che interessano le fondazioni poichè destinate all'ispezione delle stesse o delle condotte fognarie, per cui va considerato illegittimo il vano ottenuto da uno dei condomini e adibito a cantina nell'area sottostante l'appartamento di sua proprietà, poiché trattasi di bene comune "in quanto interessante le fondazioni e comunque destinato al comune godimento dei condomini, quale sede ispezionabile delle stesse fondazioni e delle fognature" (Tar calabria Catanzaro, 1133/2008; Cass. n. 8304/2003; n. 8346/1998).  


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