L'orientamento delle sezioni unite e l'ultima pronuncia della Cassazione in merito alle clausole claims made
di Giulia Nelli - Con la sentenza n. 10506/2017 del 26 aprile 2017, la III Sezione Civile della Cassazione, richiamando l'articolo 1322, comma secondo, c.c., ha stabilito che la clausola claims made (che, in ambito assicurativo, esclude la copertura dei danni richiesti dopo la vigenza del contratto) è illecita se pattuita in ambito medico.

I giudici di piazza Cavour, più in particolare, hanno parlato di patto immeritevole di tutela che prevede un ingiusto e sproporzionato vantaggio a favore dell'assicuratore mettendo invece in una condizione di indeterminata soggezione e non controllabile l'assicurato.

Che cos'è la clausola Claims Made

La traduzione letterale sarebbe "a richiesta fatta". Si tratta di uno dei due regimi ai quali può soggiacere una polizza di responsabilità civile verso terzi (eccezion fatta per le classiche polizze per i veicoli a motore, regolamentate da una normativa specifica sulla responsabilità civile obbligatoria).

La polizza claims made prevede che le garanzie assicurative operino tenendo in considerazione il momento in cui è fatta la richiesta di risarcimento. Si tratta quindi di una clausola che limita la copertura assicurativa nel tempo, prevedendo che la stessa opera se l'evento dannoso viene denunciato alla Compagnia nel periodo di validità del contratto, senza che rilevi il momento in cui questo si è verificato.

Ciò comporta che sono coperti da assicurazione tutti quei danni verificatisi prima dell'attivazione della polizza ma denunciati durante la sua vigenza e che restano, allo stesso modo, esclusi tutti i danni verificatisi durante la vigenza del contratto di assicurazione ma denunciati dopo.

La pronuncia della Cassazione sul claims made

La vicenda alla base della sentenza numero 10506/2017 trae origine dalla richiesta di risarcimento fatta da un paziente nei confronti di un'azienda ospedaliera per ottenere ristoro dei danni subiti a seguito di un intervento chirurgico al quale si era sottoposto e che a suo dire non era stato eseguito correttamente.

L'Azienda, in primo grado, aveva chiamato in causa il proprio assicuratore per la responsabilità civile che però aveva negato di essere tenuto al risarcimento dal momento che la relativa richiesta era stata formulata dal paziente dopo la fine del contratto, che conteneva la clausola claims made.

In primo grado le contestazioni di non operatività della copertura erano state ritenute fondate e il Tribunale aveva accolto la richiesta di risarcimento, rigettando invece quella di garanzia. La Corte d'appello, interpellata dall'azienda ospedaliera, aveva ribaltato la pronuncia di primo grado ritenendo che la clausola claims made fosse atipica, vessatoria e nulla in quanto non espressamente sottoscritta. Ad essa, quindi, si doveva sostituire la regola generale di cui all'articolo 1917, primo comma, del codice civile.

La Compagnia di assicurazione si è quindi rivolta alla Corte di Cassazione contestando l'intepretazione data dal giudice dell'appello.

Le Sezioni Unite

La decisione assunta dalla Corte si pone, in parte, sul solco aperto dalle Sezioni Unite nella di poco precedente sentenza numero 9140/2016 la Cassazione, sulla quale è quindi opportuno soffermarsi brevemente.

In tale pronuncia, i giudici supremi, dopo aver ricostruito i diversi orientamenti giurisprudenziali e dottrinali relativi alle clausole claims made, hanno affermato che non deve ritenersi vessatoria la cd. clausola claims made mista o impura, ovverosia quella che subordina l'operatività della copertura assicurativa per la responsabilità civile alla circostanza che sia il fatto illecito che la richiesta di risarcimento intervengano entro il periodo di efficacia del contratto o, comunque, entro determinati periodi di tempo, preventivamente individuati. Tuttavia, al ricorrere di determinate condizioni, la stessa può essere dichiarata nulla per difetto di meritevolezza o, nel caso in cui si applichi la disciplina di cui al decreto legislativo n. 206/2005, per il fatto di determinare uno squilibrio a carico del consumatore dei diritti e degli obblighi che derivano dal contratto.

La sentenza della Sezione III civile 10506/2017

Anche alla luce dell'insegnamento delle Sezioni Unite, la sentenza n. 10506/2017 della Sezione III Civile della Cassazione ha stabilito che l'inserimento nei contratti di assicurazione della clausola claims made che esclude il risarcimento per le denunce pervenute dopo la scadenza della polizza è illegittimo nel campo sanitario, nel quale è frequente che il danno si ravvisi a distanza (anche di anni) rispetto a quando è stato cagionato. Ammettendola, si creerebbe una situazione in cui le Compagnie assicurative si trovano in una posizione di vantaggio "ingiusto e sproporzionato, senza contropartita", riducendo il periodo effettivo di copertura.

La clausola quindi può essere casomai utilizzata in altri ambiti, come ad esempio il trasporto marittimo, ma non nell'assicurazione della responsabilità civile sanitaria, nella quale è possibile che l'assicurato cagioni danni anche negli ultimi mesi, giorni o ore di vigenza del contratto, venendosi così a creare uno iato temporale inconciliabile con i tipi di responsabilità professionale ai quali può andare incontro un medico.

Il principio di diritto affermato dalla Corte, in conclusione, è il seguente:

«La clausola cosiddetta claims made inserita in un contratto di assicurazione della responsabilità civile stipulato da un'azienda ospedaliera, per effetto della quale copertura esclusiva è prestata solo se tanto il danno causato dall'assicurato, quanto la richiesta di risarcimento formulata dal terzo, avvengano nel periodo di durata dell'assicurazione, è un patto atipico immeritevole di tutela ai sensi dell'articolo 1322, comma secondo del codice civile, in quanto realizza un ingiusto e sproporzionato vantaggio dell'assicuratore e pone l'assicurato in una condizione di indeterminata e non controllabile soggezione».


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