Per la Suprema Corte viola l'art. 449 c.p. chi provoca un incendio significativo e con alto rischio di diffusività

di Lucia Izzo - Integra il reato di incendio, di cui all'art. 449 del codice penale il comportamento di chi raduna e brucia sterpaglie facendo sviluppare fiamme di vaste proporzioni e ad alto rischio di diffusività che di fatto rendono difficili le operazioni di spegnimento.


Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, terza sezione penale, nella sentenza n. 38983/2017 (qui sotto allegata) che ha dichiarato inammissibili i ricorsi di due soggetti ritenuti colpevoli per il reato di incendio come previsto dall'art. 449 del codice penale.


Il dare fuoco a residui vegetali, tuttavia, è argomento dibattuto, che ruota intorno alla loro qualificazione o meno come rifiuti (per approfondimenti: Bruciare rami e sterpaglie è reato?).

La vicenda

Nel caso in esame i due colpevoli sono stati incastrati da videoriprese legittime, in quanto eseguite in uno spazio pacificamente "pubblico" nelle vicinanze di un campo nomadi, a differenza di quanto affermato dalla difesa, erano stati visti radunare con il rastrello sterpaglie e altri rifiuti poi successivamente bruciati.


Inutile per i ricorrenti affermare che l'aver dato fuoco alle sterpaglie e ai rifiuti non sarebbe configurabile come incendio nell'accezione proposta dall'art. 449 del codice penale, che punisce con la reclusione da uno a cinque anni chi cagiona per colpa un incendio fuori dai casi di cui all'art. 423-bis (incendio boschivo).

Bruciare sterpaglie può integrare il reato di incendio

Per il Collegio, nel solco di diverse pronunce di legittimità, tale nozione ricorre in presenza di fiamme di vaste proporzioni, dalla notevole capacità distruttiva, quando esse possano facilmente progredire rendendo difficili le operazioni di spegnimento.


Come rilevato dai giudici di merito, infatti, si era in presenza di fiamme assai significative, apprezzate nella loro capacità diffusiva alla stregua delle fotografie in atti che hanno documentato un repentino aumento nell'arco di pochi minuti della colonna di fumo generata dalla combustione di pneumatici.


La loro diffusività, ovvero la loro capacita di espansione, è invece stata riscontrata alla stregua della natura altamente infiammabile del materiale bruciato e della presenza nelle immediate vicinanze dii altre sterpaglie secche.


Infine, quanto alla difficoltà di spegnimento, questa è stata ricava dalla durata non certamente breve delle operazioni condotte dai vigili del fuoco, protrattesi per circa mezz'ora. La censura è dunque infondata, così come le altre doglianze nei ricorsi che, pertanto, vanno dichiarati inammissibili.

Cass., III sez. pen., sent. 38983/2017

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