Si ha infatti un'alterazione materiale di una parte comune e il mutamento di destinazione della stessa

di Francesca Pietropaolo - In tema di comunione l'art. 1102 c.c., applicabile anche al condominio, sancisce che ciascun partecipante possa servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri di farne uso secondo il loro diritto.

L'uso delle parti comuni in condominio

Due sono quindi i limiti fondamentali all'uso della parte comune condominiale da parte del singolo condomino: l'osservanza della destinazione della cosa comune e la necessità di garantirne il godimento potenziale da parte degli altri condomini, tanto che il singolo partecipante non può legittimamente attrarre nella propria esclusiva disponibilità il bene, ad esempio estendendo l'occupazione a una porzione tale da portare, in concorso con gli altri requisiti di legge, all'usucapione della cosa (Cass. n. 4372/2015).

Le innovazioni

A norma dell'art. 1120 c.c., occorre poi che eventuali innovazioni siano dirette al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento della parte comune e che non pregiudichino la sicurezza nè il decoro dell'edificio, né rendano le parti comuni inservibili all'uso o al godimento anche di uno solo degli altri condomini.

Sottotetto trasformato in terrazzino: innovazione vietata

In tema di distinzione tra uso della cosa comune e innovazioni, recentemente il Tribunale di Milano, con sentenza di primo grado n. 4049/2017 (sotto allegata), ha sancito che costituisce innovazione illegittima e pertanto vietata l'intervento di un condomino proprietario dell'ultimo piano di uno stabile che aveva rimosso una parte della falda del tetto condominiale creando un terrazzino annesso al proprio appartamento. E ciò nonostante l'intervento non avesse leso l'estetica condominiale, in quanto si erano duplicemente configurati l'alterazione materiale di una parte comune e il mutamento di destinazione della stessa, il tetto, la cui funzione di copertura dello stabile era stata eliminata.

Al fine di poter legittimamente realizzare l'intervento, il condomino avrebbe infatti dovuto richiedere la convocazione dell'assemblea e ottenere tanti voti da rappresentare la maggioranza degli intervenuti e, contestualmente, almeno i due terzi del valore dell'intero edificio.

Francesca Pietropaolo - legale.pietropaolo@gmail.com

Ordine degli Avvocati di Roma Sez. Speciale D.lgs 96/2001

Advocat Avvocato Stabilito

Tribunale Milano, sentenza n. 4049/2017

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