Per la Cassazione, in caso contrario, si tratta di patto di quota lite illecito

di Valeria Zeppilli - Gli avvocati possono concordare con i propri clienti un compenso speciale, che verrà loro corrisposto solo in caso di esito favorevole della controversia: si parla, in tali casi, di palmario. Per la Corte di cassazione, però, è fondamentale che tale compenso sia pattuito in maniera scritta o che comunque sia in qualche modo provato, altrimenti la pretesa dell'avvocato si configura come un patto di quota lite illecito.

La vicenda

Con la sentenza numero 16214/2017 (qui sotto allegata), la Corte ha infatti respinto le giustificazione di un legale, che aveva trattenuto una somma aggiuntiva rispetto a quella spettantegli dal risarcimento ottenuto per il suo cliente, adducendo la sussistenza di un palmario ma non riuscendo a dare alcuna prova che, effettivamente, il patto fosse sussistente.

Anzi: in sede di interrogatorio formale, così come nel corso del procedimento disciplinare del professionista, erano emersi elementi idonei a fornire, semmai, la prova di un patto di quota lite, vietato dalla legge.

Anche la complessità della causa va provata

L'avvocato, in seconda battuta, aveva anche tentato di giustificare quanto trattenuto in più riconducendo la sua pretesa alla particolare complessità della causa, ma anche sotto questo profilo ha incontrato lo stop dei giudici: per poter sostenere tale tesi, il legale avrebbe dovuto dimostrare le effettive difficoltà della lite, cosa che, invece, non era stata fatta. La complessità, peraltro, non era emersa in altro modo.

La somma trattenuta, quindi, si configura come un vero e proprio indebito oggettivo e va restituita.

Corte di cassazione testo sentenza numero 16214/2017
Valeria Zeppilli

Foto: 123rf.com
Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: