Approvato il ddl concorrenza che approda al Senato per diventare legge entro l'estate. Plauso dell'Anf, aiuterà a superare le difficoltà della professione

di Marina Crisafi - Via libera alle società di capitale tra avvocati. La Camera ha approvato, infatti, con 218 voti a favore, 124 contrari e 36 astenuti, il Ddl Concorrenza che, tra le varie novità, contiene anche le norme che disciplinano le società tra avvocati.

Il testo, date le modifiche apportate a Montecitorio torna al Senato per l'ultima lettura per diventare, secondo le previsioni, legge entro l'estate.

La disciplina delle società tra avvocati

Le disposizioni contenute nel ddl concorrenza che disciplinano l'esercizio della professione forense in forma societaria prevedono che almeno i due terzi del capitale sociale e dei diritti di voto competano agli avvocati iscritti all'albo. Se tale condizione viene meno, costituisce cause di scioglimento della società. Gli incarichi, inoltre, potranno essere svolti soltanto da soci professionisti aventi i requisiti necessari per svolgere la prestazione richiesta dal cliente. I soci professionisti potranno ricoprire la carica di amministratori mentre i membri dell'organo di gestione dovranno essere a maggioranza avvocati.

Plauso dell'Anf: risultato positivo per l'avvocatura

"Se, come pare, questo è finalmente l'ultimo miglio per il Ddl Concorrenza, il traguardo in vista riserva per l'avvocatura un risultato positivo". A sottolinearlo l'Associazione Nazionale Forense, con una nota a firma del segretario generale, Luigi Pansini, che plaude all'approvazione del ddl da parte della Camera.

Le società tra avvocati, "anche con il socio di capitali all'interno della compagine, nella forma di soggetti terzi non professionisti, purché nel limite di un terzo del capitale sociale e fermo restando il principio della personalità della prestazione professionale, confidiamo - continua Pansini - che contribuiranno a favorire l'aggregazione delle competenze anche nella professione forense". In molti hanno "remato contro questa 'piccola rivoluzione'" ha sottolineato il segretario Anf e del resto l'avvocatura può fare "come lo struzzo e mettere la testa sotto la sabbia - ma il rischio è che - quando la toglierà da sotto la rena, troverà un mondo nuovo rispetto al quale non avrà contribuito a dettare le nuove regole e di aver perso un patrimonio di professionalità che non ha saputo esaltare".

Anche recentemente, prosegue ancora Pansini, "autorevoli rappresentanze dell'avvocatura hanno invocato lo stralcio delle misure sulle società tra avvocati, nel segno di resistenze anacronistiche e malcelate rendite di posizione". Per cui, pur essendo da ribadire "che l'avvocatura dovrebbe sempre fare dell'autonomia e dell'indipendenza i suoi valori fondamentali ed irrinunciabili - tuttavia, aggiunge Pansini, se oggi - quasi il 50% degli avvocati dichiara redditi inferiori ad 10.300 euro annui, sbandierare il vessillo dell'autonomia significa ignorare che quasi un avvocato su due è in difficoltà economiche".

"Ben vengano dunque nuove opportunità e nuove forme di esercizio della professione - conclude il segretario Anf - che non mettono in discussione il ruolo dell'avvocato come baluardo nella tutela dei diritti viceversa minato dall'incapacità, anche dell'avvocatura, di difendere l'importanza della centralità del processo e della giurisdizione nel nostro paese".


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