E l'onere di provare errori e malfunzionamenti grava sul trasgressore che si oppone alla sanzione e non sulla P.A.

di Lucia Izzo - Non grava sull'amministrazione alcun onere di provare che siano state poste particolari cautele nell'installazione degli apparecchi posizionati ai semafori per la rilevazione del passaggio con il rosso, ne revisioni o verifiche, in quanto ciò non è prescritto dalla normativa. Spetta al trasgressore, invece, provare errori o malfunzionamenti e smentire così le immagini che mostrano l'infrazione e il verbale di collaudo stilato al momento del montaggio dell'apparecchio.


Lo ha disposto la Corte di Cassazione, seconda sezione civile, nella sentenza n. 11574/2017 (qui sotto allegata) con cui ha accolto l'impugnazione del Comune avverso la sentenza che aveva annullato il verbale di accertamento elevato dagli agenti di Polizia Locale a un trasgressore, in quanto il dispositivo Vista Red installato al semaforo risultava non in regola con i requisiti richiesti per la omologazione.


Non è il primo caso in cui il Comune era stato accusato di manomissioni e irregolarità in modo tale da indurre in inganno i guidatori, facendo risultare come trasgressori anche coloro che di fatto non erano passati con il rosso. Tuttavia, nulla era stato provato in giudizio, salvo alcuni casi in cui il cittadino aveva avuto ragione in sede di merito.

Il trasgressore deve provare i difetti dell'apparecchio

Tuttavia, la Cassazione si pronuncia a favore del Comune, come altre sentenze precedenti, condividendo l'orientamento secondo cui "in tema di rilevazione della violazione del divieto di proseguire la marcia con impianto semaforico rosso a mezzo di apparecchiature elettroniche, né il codice della strada

né il relativo regolamento di esecuzione prevedono che il verbale di accertamento dell'infrazione debba contenere, a pena di nullità, l'attestazione che la funzionalità del singolo apparecchio impiegato sia stata sottoposta a controllo preventivo e costante durante l'uso".


Al contrario, l'efficacia probatoria di qualsiasi strumento di rilevazione elettronica perdura sino a quando non risultino accertati, nel caso concreto, sulla base di circostanze allegate dall'opponente e debitamente provate, il difetto di costruzione, installazione o funzionalità dello strumento stesso, o situazioni ostative al suo regolare funzionamento.


Non può in senso contrario farsi leva, spiega la Cassazione, su considerazioni di tipo meramente congetturale, connesse all'idoneità della mancanza di revisione o manutenzione periodica dell'attrezzatura a pregiudicarne l'efficacia ex art. 142 del Coice della Strada.


Ha errato dunque il giudice di appello a ritenere l'Amministrazione onerata a provare che in fase di montaggio del sistema fosse stata posta particolare attenzione, con specifica valutazione dell'idoneità delle strutture di sostegno in relazione alle condizioni di impiego, nonché a indicare le modalità di posizionamento e ubicazione, ciò costituendo, a detta del giudice di appello, gli elementi costitutivi della pretesa sanzionatoria. 


In sostanza, non grava sull'Amministrazione un onere probatorio, non richiesto dalla normativa: elemento costitutivo della pretesa sanzionatoria è, infatti, la documentazione fotografica dell'infrazione, rilevata con apparecchiatura omologata, mentre è onere di chi propone opposizione alla sanzione indicare in concreto sotto quale profilo l'apparecchiatura utilizzata non sarebbe conforme ai requisiti, di installazione o di funzionamento, previsti nel decreto di omologazione e come le eventuali mancanze possano avere inciso sulla rilevazione.


Cass., II sez. civ., sent. 11574/2017

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