La sentenza del tribunale di Torino che ha negato anche la possibilità alla vittima di rivalersi sullo Stato

di Gabriella Lax - Lo Stato non risarcirà una donna vittima di uno stupratore che risulta indigente. A stabilirlo è la sentenza del 14 aprile scorso del tribunale di Torino. 

Lo stupro

I fatti, come riporta La Stampa, risalgono al 22 ottobre del 2011. Una quarantenne stava rientrando a casa dopo il lavoro, scesa dall'auto per aprire il garage della sua abitazione fu aggredita alle spalle. La donna aveva provato ad urlare ma la voce le si era fermata in gola. Minacciata con un coltello era stata violentata e rapinata. Appena qualche settimana dopo il suo stupratore, un 40enne italiano, venne arrestato e, successivamente, condannato a 8 anni e due mesi di carcere. Per la donna l'unico risarcimento è stato vedere il suo aguzzino dietro le sbarre. Nient'altro. Così si è rivolta allo Stato, portando davanti al Tribunale civile di Torino la Presidenza del Consiglio dei ministri perché fosse condannata a pagarle un indennizzo per l'omessa attuazione della «Direttiva Ce numero 80 del 2004», che impone agli Stati membri di garantire un adeguato ed equo ristoro alle vittime di reati violenti intenzionali. Ma, racconta il quotidiano torinese, il giudice ha respinto il ricorso presentato dagli avvocati della donna, Stefano Commodo e Gaetano Catalano dello studio Ambrosio & Commodo. Un tecnicismo, dietro la decisione del giudice. 

Se l'autore del reato è indigente

Secondo la direttiva Ce del 2004 (per la quale l'Italia nell'ottobre scorso è stata condannata dalla Corte di Giustizia europea perché inadempiente) le vittime di reati violenti intenzionali devono essere risarcite dallo Stato perché in molti casi «non possono ottenere un risarcimento dall'autore del reato, in quanto questi non può essere identificato o non possiede le risorse necessarie». Ma per i giudici il solo fatto di aver subito stupro e rapina non dà diritto di al risarcimento, la vittima deve anche dimostrare che il colpevole non sia in grado di pagare di tasca propria. La sentenza

, depositata qualche giorno fa, si scontra con un altro verdetto, esattamente opposto: quello della Corte d'Appello civile di Milano che ha condannato la Presidenza del Consiglio a risarcire con 220mila euro una madre e una figlia, vittime di rapina e stupro: la giovane era stata violentata davanti alla madre durante una rapina nel loro negozio. Nella sentenza si evidenziava come gli stupratori, sei romeni che stanno scontando 11 anni di carcere, non fossero pacificamente in grado di risarcire la vittima perché detenuti. Come nel caso della donna torinese. Ma nel caso di Milano non è stato ritenuto necessario alcun accertamento patrimoniale dello stupratore. 


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