Accertati i disagi psicologici della vittima, è corretta la condanna per atti persecutori

di Valeria Zeppilli - Il marito che è troppo presente nella vita della ex moglie rischia di essere condannato per stalking. Questa, almeno, è la sorte che è recentemente toccata a un uomo, condannato in via definitiva dalla Corte di cassazione per il reato di atti persecutori, oltre che per inosservanza delle disposizioni del giudice.

Stalking: conseguenze psicologiche della condotta

Ad aver causato la condanna dell'imputato, come si legge nella sentenza numero 24795/2017 qui sotto allegata, era stato il non essersi attenuto ai giorni e agli orari stabiliti per far visita al figlio e l'aver imposto la sua presenza in maniera eccessiva e incontrollata.

Per la Cassazione, provate le conseguenze subite dalla moglie in termini di mutamento delle proprie abitudini di vita e disagio psicologico, non serve a nulla tentare di provare il disinteresse dell'uomo a riallacciare un rapporto con la ex. Specie se il comportamento tenuto ha cagionato anche dei traumi psicologici al figlio minore, che si sono aggiunti ad una predisposizione genetica, aggravandola.

Dinanzi a tale quadro e a una compiuta ed esatta ricostruzione della Corte d'appello, tutte le numerose doglianze proposte dall'uomo sono cadute nel nulla.

Si pensi, ad esempio, alla valutazione delle prove: con il ricorso l'imputato ne ha proposto una rivisitazione, deducendo vizio di motivazione anziché travisamento di prova, ma, per la Cassazione, la Corte territoriale ha esaminato le diverse testimonianze in maniera puntuale "mettendone in risalto lo specifico contenuto di conforto alla tesi accusatoria e, di converso, l'irrilevanza del narrato portato a discolpa, illustrandone le ragioni".

Per l'uomo non è quindi possibile sottrarsi alla condanna.

Corte di cassazione testo sentenza numero 24795/2017
Valeria Zeppilli

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