Il testo ora torna alla Camera per il sì definitivo. Ma critiche piovono sulla reiterazione e sul trauma psichico

di Marina Crisafi - Il Senato a larga maggioranza (195 voti a favore, 8 contrari e 34 astenuti) ha dato l'ok al ddl che introduce il reato di tortura nell'ordinamento italiano. Per il ministro della giustizia Orlando, "oggi è stato compiuto un passo decisivo per l'introduzione del delitto di tortura nel nostro ordinamento". Il testo, "frutto delle necessarie mediazioni parlamentari - afferma il guardasigilli - ci avvicina all'obiettivo di introdurre nel nostro ordinamento una nuova figura di reato, su cui anche molti organismi internazionali sollecitano da tempo il ostro Paese". Ora, conclude il ministro nella nota "l'auspicio è che la Camera approvi in tempi rapidi e in via definitiva la legge, colmando cosi un vuoto normativo molto grave'.

Le forti critiche al ddl sul reato di tortura

Ma in molti non la pensano come Orlando.

Le critiche al testo, soprattutto dopo gli emendamenti apportati a palazzo Madama, piovono da ogni parte.

A cominciare dall'autore del ddl originario, il senatore Pd, Luigi Manconi che a caldo ha commentato "non ho partecipato al voto perché lo considero un brutto testo". Una scelta definita "gravosa, visto che del disegno di legge che originariamente portava il mio nome, depositato esattamente il primo giorno della presente legislatura, non rimane praticamente nulla".

I motivi? Essenzialmente due. Il primo perché il reato di tortura viene "definito comune e non proprio, come vogliono invece tutte le convenzioni internazionali dal momento che si tratta di una fattispecie propria dei pubblici ufficiali o degli incaricati di pubblico servizio". Il secondo, perché, mentre "nell'articolato precedente, si pretendeva che le violenze o le minacce gravi fossero 'reiterate'" l'attuale formula prevede "più condotte". Ciò significa dunque "che il singolo atto di violenza brutale - come una sola pratica di "water boarding" - potrebbe non essere punito".

Senza contare, che la norma prevede perché vi sia tortura "un verificabile trauma psichico" ma considerati i tempi dei processi di tortura - si chiede il senatore - "come si fa a verificare dieci anni dopo un trauma avvenuto tanto tempo prima?" Questo vuol significare, conclude duro Manconi, che "ancora una volta non si vuole seriamente perseguire la violenza intenzionale dei pubblici ufficiali e degli incaricati di pubblico servizio in danno delle persone private della libertà, o comunque loro affidate, quando invece è solo l'individuazione e la sanzione penale di chi commette violenze e illegalità a tutelare il prestigio e l'onore dei corpi e della stragrande maggioranza degli appartenenti".

Dure critiche anche da Amnesty International e Antigone secondo cui, se la legge venisse confermata in tale testo, anche dalla Camera "sarebbe difficilmente applicabile".

Dopo "ben 28 anni da quando l'Italia si impegnò con l'Onu a varare una legge contro la tortura, è stato approvato un testo molto confuso, pasticciato, arzigogolato, che sembra quasi pensato per le preoccupazioni di chi vuole restringere le aree della potenziale punibilità" rincara il presidente di Antigone Patrizio Gonnella ad Adnkronos. Limitare "la tortura ai soli comportamenti ripetuti nel tempo e il circoscrivere in modo inaccettabile l'ipotesi della tortura mentale - dichiarano compatte Amnesty e Antigone - è assurdo per chiunque abbia un minimo di conoscenza del fenomeno della tortura nel mondo contemporaneo, nonché distante e incompatibile con la Convenzione internazionale contro la tortura".

Tortura: le novità del disegno di legge

Il ddl mira a introdurre nel nostro ordinamento due nuove fattispecie di reato, quello di tortura (ex art. 613-bis) e quello di istigazione alla tortura (art. 613-ter).

Rispetto al testo licenziato dalla commissione, a palazzo Madama sono state apportate diverse modifiche.

La prima (per effetto dell'emendamento D'Ascola-Buemi) estende a 4 anni la pena minima per il reato di tortura, lasciando invariata la pena massima a 10 anni, e le aggravanti (da 5 a 12 anni) se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni o da un incaricato di pubblico servizio. L'istigazione invece è punita con la reclusione da 6 mesi a tre anni.

Altra modifica, è proprio la contestata "reiterazione". L'emendamento, sempre a firma D'Ascola-Buemi, prevede infatti che per essere considerato tortura, il fatto debba essere commesso "mediante più condotte ovvero se comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona".

Viene precisato, inoltre, che non può essere considerata tortura l'azione di un pubblico ufficiale nell'esercizio legittimo delle sue funzioni.

Leggi: "Tortura escluso il reato se l'uso della forza è legittimo"


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