A salvare l'imputato, nel caso di specie, il presunto consenso dato dalla madre che gli aveva fornito tessera e codici per il prelievo

di Lucia Izzo - Se il figlio preleva dal conto dei genitori senza autorizzazione rischia una condanna penale, salvo riconoscergli un'esimente putativa nel caso in cui, stante il presunto consenso espresso da uno dei genitori cointestatari che gli ha fornito tessera e codici, costui era convinto di poter legittimamente prelevare dallo sportello.

Tanto si desume da quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, seconda sezione penale, nella sentenza n. 20678/2017 (qui sotto allegata), pronunciatosi sul ricorso dell'imputato condannato per il reato di indebito utilizzo di una carta bancomat.

Il giovane, affermavano i giudici di appello, aveva agito nonostante la consapevolezza del dissenso del padre rispetto al prelievo. Proprio da questi, infatti, era partita la denuncia. Non vengono accolte in sede di merito le censure sull'insussistenza del reato, in quanto il prelievo era stato effettuato con la carta bancomat intestata a suo padre, previo consenso fornito dalla madre cointestataria del conto.

Stante il rigetto delle censure, l'imputato agisce in Cassazione evidenziando che il fatto è stato compiuto in assenza del necessario dolo, rimarcando il consenso all'utilizzo prestato dal contitolare del conto che, quand'anche non sia idoneo a scriminare ex se la condotta, comunque ha creato in lui la legittima convinzione di agire con il consenso dell'avente diritto.

La decisione sull'indebito utilizzo della carta bancomat dei genitori

Per gli Ermellini, in effetti, la Corte territoriale non ha potuto escludere con certezza la fondatezza della tesi difensiva, secondo la quale i prelievi di contante in questione sono stati effettuati da parte dell'imputato dietro esplicito consenso della madre, che ebbe a consegnargli la carta bancomat e i relativi codici operativi. In tal senso milita evidentemente il rilievo della ordinaria effettuazione dei prelevamenti, impossibile senza la conoscenza dei dati predetti.


Ancora, aggiunge il Collegio, la fattispecie incriminatrice di causa punisce colui che "indebitamente" utilizza la carta bancomat, con ciò dimostrando di voler perseguire solamente le condotte di colui che non abbia il diritto di servirsene.


Di conseguenza, la fattispecie incriminatrice richiede quale elemento soggettivo in capo all'agente la consapevolezza della mancanza del diritto. Può dunque essere riconosciuta l'esimente putativa nell'ipotesi in cui ricorre, quantomeno sotto il profilo del ragionevole dubbio, l'evenienza che l'agente versi nella legittima convinzione della legittimità dell'utilizzo (per effetto del consenso espresso da chi pacificamente disponeva della tessera bancomat e dei relativi codici). Il fatto, dunque, non costituisce reato.

Cass., II sez. pen., sent. n. 20678/2017

Foto: 123rf.com
Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: