Il CNF ricorda che i doveri di probità, dignità e decoro valgono anche al di fuori dell'attività professionale
di Valeria Zeppilli - L'avvocato che ci prova con la praticante è perseguibile deontologicamente. Ciò perché, come ricordato dal CNF nella sentenza numero 2/2017 (qui sotto allegata), le condotte che pur non riguardando direttamente l'esercizio della professione forense ledono comunque gli elementari doveri di probità, dignità e decoro del singolo e l'immagine dell'avvocatura quale entità astratta, sono idonee sempre a determinare la responsabilità disciplinare dell'avvocato.

Nel caso di specie, il legale era stato sottoposto a procedimento dopo che nei suoi confronti erano stati presentati numerosi esposti aventi ad oggetto le modalità con le quali egli aveva condotto i colloqui relativi alla pratica professionale di alcune aspiranti professioniste del foro. In particolare, gli atteggiamenti assunti dall'uomo si erano manifestati come molesti, eccessivamente insistenti, fastidiosi, arrogantemente invadenti e tali da generare una pressante intromissione della sfera altrui di quiete e libertà.

Per il CNF, si tratta di un comportamento contrario ai principi generali di probità e correttezza, valevoli anche al di fuori dell'attività professionale, e caratterizzato dal particolare disvalore che emerge chiaramente se solo si considera che le giovani si rivolgevano all'avvocato sperando di trovare uno studio ove accrescere le loro competenze e "aspettandosi non solo rispetto personale nei loro confronti ma un rigore dettato dall'incarico che egli avrebbe dovuto assumere, quello appunto di esempio e guida per la loro formazione professionale".

La conclusione, quindi, non può che essere una sola: l'avvocato va sospeso per un anno dalla professione.

CNF testo sentenza numero 2/2017
Valeria Zeppilli

Foto: 123rf.com
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