Le spese relative ai consumi dell'acqua in condominio possono essere conteggiate e ripartite in base al criterio dei millesimi o con in base a quanto contabilizzato dai contatori, la giurisprudenza ammette anche criteri misti

La ripartizione delle spese in condominio

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Per ricostruire la tematica della ripartizione dei costi relativi alla somministrazione d'acqua in condominio, la norma di partenza è contenuta nel codice civile.

L'art. 1123 c.c., rubricato "Ripartizione delle spese", afferma che "le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione".


Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, evidenzia il comma secondo, le spese sono ripartite in proporzione dell'uso che ciascuno può farne.

Pertanto, la ripartizione delle spese relative al consumo d'acqua va effettuata in maniera proporzionale tra le proprietà dei singoli condomini, precisamente in base ai valori millesimali detenuti; ciò significa che non è possibile fondare la divisione della bolletta in base al numero delle persone presenti in ciascuna abitazione.

Una possibilità di deroga è individuata dalla norma stessa, ad esempio laddove intervenga una disciplina convenzionale, un accordo tra i condomini nel regolamento condominiale che preveda differenti modalità di riparto.

I contatori per la contabilizzazione dell'acqua

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Ancora, se sono presenti contatori separati per ogni singola unità immobiliare e uno relativo all'acqua utilizzata per spazi comuni, ogni privato risponderà in ragione del proprio contratto di somministrazione con il gestore, mentre le spese comuni verranno ripartite secondo il criterio generale.

Tale ricostruzione è stata avvallata anche dalla Corte di Cassazione che, nella sentenza n. 17557/2014, ha affermato che "in tema di condominio, fatta salva la diversa disciplina convenzionale, la ripartizione delle spese della bolletta dell'acqua, in mancanza di contatori di sottrazione installati in ogni singola unità immobiliare, va effettuata (…) in base ai valori millesimali delle singole proprietà, sicchè è viziata, per intrinseca irragionevolezza, la delibera assembleare, assunta a maggioranza, che (…) esenti al contempo dalla contribuzione i condomini i cui appartamenti siano rimasti vuoti nel corso dell'anno" (per approfondimenti: Cassazione e condominio: come dividere la bolletta se mancano i contatori?).

La Suprema corte, nell'interpretare il citato art. 1123 c.c. conferma che "il primo comma della citata disposizione detta un criterio per la spesa di tutti i beni e servizi di cui i condomini godono indistintamente, basato su una corrispondenza proporzionale tra l'onere contributivo e il valore della proprietà di cui ciascun condomino è titolare". Salvo si tratti di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, in tal caso le spese sono ripartite in proporzione all'uso che ciascuno può farne.

Le regole sopra esposte si applicano anche in caso di condominio minimo e supercondominio laddove compatibili.

La prova dei consumi misurati dal contatore

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Quanto ai costi legati al contatore, la Cassazione è intervenuta con la sentenza n. 23699/2016 chiarendo che laddove l'acquedotto abbia chiesto decreto ingiuntivo all'utente per i suoi consumi presunti, nell'eventuale giudizio di opposizione è il creditore che dovrà produrre lo strumento di misura

In sostanza, chiarisce la Corte, nei contratti di somministrazione caratterizzati dalla rilevazione dei consumi mediante contatore, questo non fa piena prova, poichè la rilevazione dei consumi è assistita da una mera presunzione semplice di veridicità.

In caso di contestazione dei consumi da parte del somministrato, dunque, grava sul somministrante l'onere di provare che il sistema di rilevazione dei consumi (ovvero il contatore) fosse perfettamente funzionante, mentre grava sul fruitore l'onere di provare che l'eccessività dei consumi è dovuta a fattori esterni al suo controllo e che non avrebbe potuto evitare con una diligente custodia dell'impianto ovvero di aver diligentemente vigilato affinché eventuali intrusioni di terzi non potessero alterare il normale funzionamento del misuratore ovvero determinare un incremento dei consumi.

Ripartizione delle spese in assenza dei contatori

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Tutto chiaro insomma, almeno fino a qualche anno fa.

Nel 2018 e nel 2019 si sono infatti succedute due sentenze del Tribunale di Milano ossia la n. 1280/2018 e la n. 4275/2019, che hanno aperto nuove prospettive sulla ripartizione delle spese dei consumi dell'acqua nei condomini.

In queste sentenze il giudice del capoluogo lombardo ha messo in evidenza come i contatori non possono più, alla luce della normativa vigente, essere considerati come un'opzione.

Se tutti siamo chiamati a un consumo più responsabile dell'acqua, allora i contatori diventano indispensabili per rilevare i consumi, non solo perché la disciplina è di favore, ma soprattuto perché oramai è necessaria.

Del resto l'obbligo della contabilizzazione è previsto da anni per le attività produttive e per il terziario e le Regioni dal 2006 sono tenute ad impegnarsi per razionalizzare i consumi e ridurre al massimo gli sprechi di acqua. Risultati che si ottengono solo con l'installazione dei contatori, grazie ai quali il consumo diventa senza dubbio più consapevole.

Per quanto riguarda i condomini poi, secondo il tribunale lombardo, nulla impedisce comunque all'assemblea di deliberare l'adozione dei contatori per la contabilizzazione dei consumi, anche se il regolamento contrattuale prevede un criterio diverso.

C'è poi chi, come il Tribunale di Roma, nella sentenza n. 6674 del 20 aprile 2021 ammette il criterio di ripartizione mista, prevedendo la contabilizzazione dei consumi per mezzo dei contatori solo nelle unità condominiale in cui si svolgono attività commerciale.


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