Le due tesi del Ministero dei trasporti e della Cassazione a confronto

di Raffaele Vairo - Sulla questione della sosta subordinata al pagamento di una somma di denaro vi sono due posizioni, entrambe autorevoli: 1) il Ministero delle Infrastrutture dei Trasporti; 2) la Cassazione.

Per meglio comprendere le questioni connesse al problema, è utile ricordare che l'art. 1321 c.c. definisce il contratto come l'accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale.

La conclusione del contratto si perfeziona al momento in cui la parte che ha fatto la proposta viene a conoscenza dell'accettazione dell'altra parte. E, infatti, esso può stipularsi anche tra persone lontane, mediante uno scambio epistolare.

Dunque, occorre una proposta e un'accettazione: la proposta, contenente tutti gli elementi del contratto, può anche essere diretta indistintamente a una pluralità di persone mediante offerta al pubblico.

La tesi del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti

L'art. 7 del codice della strada consente ai Comuni di stabilire che in alcune aree la sosta sia subordinata al pagamento di una somma da riscuotere mediante dispositivi di controllo di durata. Le condizioni e le tariffe devono essere stabilite in conformità alla direttive del Ministero dei lavori pubblici (ora Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti).

Secondo il Giudice di Pace di Pordenone (GdP Pordenone 16.12.2014) "l'installazione delle macchinette che rilasciano i ticket con l'indicazione del costo per fruire dello spazio messo a disposizione costituisce offerta al pubblico ex art. 1336 c.c. che viene accettata con l'immissione del veicolo negli spazi segnati per la sosta. Ne consegue che l'utente, acquistando il ticket, manifesta la volontà di concludere un contratto".

Dello stesso avviso è il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti (cfr. pareri n. 25783/2010, n. 3615/2011, n. 370/2013, n. 53284/2015), secondo il quale l'eventuale evasione tariffaria non configura violazione alle norme del Codice, bensì una inadempienza contrattuale, da perseguire secondo le procedure jure privatorum a tutela del diritto patrimoniale dell'ente proprietario o concessionario.

Ad avviso del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, la sanzione di cui all'art. 7 c. 15 del Nuovo Codice della Strada (DLs n. 285/1992), contrariamente da quanto affermato dalla Cassazione, si applica nel caso in cui la sosta sia vietata ovvero limitata nel tempo o regolamentata secondo la categoria dei veicoli. Qualora la sosta sia consentita senza limitazioni di tempo, ancorchè assoggettata a pagamento, non ricorrono le condizioni per l'applicazione della sanzione di cui all'art. 7 c. 15.

Il Ministero delle Infrastrutture chiarisce ulteriormente:

a) se la sosta viene effettuata omettendo l'acquisto del ticket orario, deve essere necessariamente applicata la sanzione di cui all'art. 7 c. 14 del Codice;

b) se viene acquistato il ticket, ma la sosta si prolunga oltre l'orario di competenza, non si applicano le sanzioni ma si dà corso al recupero delle ulteriori somme dovute, maggiorate dalle eventuali penali stabilite da apposito regolamento comunale, ai sensi dell'art. 17 c. 132 della legge n. 127/1997.

La tesi della Cassazione

Secondo la Cassazione, l'interpretazione della norma offerta dal Ministero non sarebbe corretta, in quanto l'art. 157 del codice della strada sanzionerebbe allo stesso modo sia la condotta di chi pone in sosta l'autoveicolo senza segnalazione dell'orario di inizio della sosta, laddove essa è prescritta per un tempo limitato sia la condotta di chi non attiva il dispositivo di controllo della durata della sosta, nei casi in cui esso è espressamente previsto, precisando che l'espressione "dispositivo di controllo di durata della sosta", utilizzata dal comma 6, vale a comprendere i casi di c.d. parcheggi a pagamento mediante acquisto di apposita scheda, ciò discendendo dal rilievo che tale formula è la medesima di quella usata dalla disposizione del codice della strada che consente ai Comuni, nell'ambito delle loro competenze in materia di regolamentazione della circolazione nei centri abitati, di stabilire aree di parcheggio a pagamento, anche senza custodia dei veicoli (Cass. civile, sez. II, 3 agosto 2016, n. 16258). Consegue, secondo questo ragionamento, che "la sosta del veicolo con ticket di pagamento esposto scaduto per decorso del tempo di sosta pagato ha natura di illecito amministrativo e non si trasforma in inadempimento contrattuale".

Considerazioni finali

Le due tesi, quella del Ministero e quella della Cassazione, sono chiaramente in antitesi tra loro. Tanto che i Comuni non sono unanimi nella scelta della linea di comportamento: alcuni hanno ritenuto e ritengono corretta l'interpretazione che ne dà il Ministero, mentre altri, mossi anche da esigenze di bilancio, dichiarano di non essere vincolati ai pareri ministeriali e, conseguentemente, preferiscono condividere la tesi della Cassazione.

Ad avviso dello scrivente, è da condividere la tesi del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti al quale l'art. 7 del codice della strada conferisce il potere di impartire le direttive per la regolamentazione della circolazione nei centri abitati. E, dunque, va ricordato che il Ministero ha più volte evidenziato che "per sosta limitata debba intendersi quella permessa per un tempo limitato (di cui all'art. 157, c. 6, del Codice), mentre per sosta regolamentata debba intendersi quella oggetto di specifica disciplina adottata per corrispondere alle sopra indicate motivate esigenze di regolamentazione della circolazione". Ne consegue che, se la sosta è consentita a tempo indeterminato e subordinata al solo pagamento di una somma, "questo Ufficio ha più volte espresso il parere che il protrarsi della sosta oltre il termine per il quale è stato effettuato il pagamento non si sostanzia in una violazione di obblighi previsti dal Codice, ma si configura come una inadempienza contrattuale che comporta per l'Amministrazione creditrice un recupero delle tariffe non riscosse previa le procedure coattive previste ex lege e l'eventuale applicazione di una penale secondo quanto previsto nella regolamentazione ex art. 7, comma 1, lett. f).

L'art. 157, comma 6, al quale fa riferimento la Cassazione, prevede sanzioni per una serie di ipotesi di violazioni, tra le quali l'omessa indicazione, quando è prescritta, dell'orario di inizio della sosta o la mancata attivazione del dispositivo di controllo orario e, quindi, si riferisce unicamente ai casi di sosta concessa per un tempo limitato. Per la disciplina della sosta a tempo indeterminato, che ricorre allorchè esiste un dispositivo di controllo della sua durata (c.d. parchimetro) sulle strisce blu, si deve, pertanto, ricorrere alle disposizioni dell'art. 7 del codice della strada, in quanto si tratta chiaramente di sosta senza limitazione di durata.

Corretta è, ad avviso dello scrivente, l'interpretazione della maggior parte dei giudici di pace che, è auspicabile, continuino a seguire l'indirizzo proposto dal Ministero, senza sentirsi obbligati a aderire alla tesi della Cassazione le cui sentenze non sono vincolanti per i giudici di merito (giudici di pace e tribunali), i quali possono tranquillamente decidere secondo il loro libero convincimento. Peraltro, non sarebbe la prima volta che sezioni diverse della Cassazione emettano pronunciamenti contrapposti, come è accaduto, ad esempio, in tema di remissione tacita di querela.

In conclusione, dunque, il prolungamento della sosta oltre l'orario di competenza non è sanzionabile per violazione delle norme del codice della strada, ma consente all'ente proprietario dell'area il recupero delle somme dovute per il tempo non coperto dal pagamento del ticket, maggiorate delle eventuali penali stabilte da apposito regolamento comunale.

Tuttavia, al fine di evitare comportamenti contrastanti tra i Comuni interessati, è opportuno che il Ministero non si limiti ad esprimere pareri, ma emani una circolare chiarificatrice.

Raffaele Vairo

raffaelevairo@libero.it

Cassazione, sentenza n. 16258/2016
Provvedimento del Mit

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