Per gli irreperibili vanno compiute effettive ricerche e di esse l'ufficiale giudiziario ne deve dare espresso conto, pena la violazione del contraddittorio

di Francesca Rimoldi - Equitalia notifica il ricorso per fallimento alla società cancellata? Nulla la sentenza dichiarativa di fallimento. E' quanto emerge da una sentenza della Corte di Cassazione (n. 979/2017) che ha rovesciato la pronuncia della Corte d'Appello di Milano (n. 1243/2012) che aveva confermato la dichiarazione di fallimento pronunciata dal Tribunale di Milano (n. 640/2011).

Equitalia aveva notificato il ricorso per fallimento, e pedissequo decreto di fissazione dell'udienza, ad una società, cancellata dal Registro delle Imprese come emergeva da visura camerale da quasi un anno, presso la già sua sede legale. Sempre presso la sede legale erano stati notificati gli atti con riferimento al rappresentante legale/liquidatore il quale tuttavia era cittadino straniero residente all'estero.

Le notifiche non erano andate a buon fine. L'Ufficiale giudiziario si era limitato a riferire che parte debitrice non viveva più in loco da tempo.

Il Tribunale di Milano, ritenendo trattarsi di debitore resosi volontariamente irreperibile, ne aveva dichiarato il fallimento in ossequio, a suo giudizio, al principio enunciato da Cass. Civ., Sez. I, n. 32/2008 in presenza di particolari ragioni di urgenza. La sentenza dichiarativa di fallimento veniva confermata dalla Corte d'Appello.

La Suprema Corte ha invece ritenuto sussistente la violazione del contraddittorio a discapito della società. Secondo la Corte, il fallimento è stato dichiarato nonostante l'omessa notifica del ricorso alla società o al suo legale rappresentante e, stante l'irreperibilità, neppure ai sensi dell'art. 143 cpc.

Le disposizioni di cui all'art. 143 cpc. erano state richiamate nel decreto di fissazione dell'udienza prefallimentare nel quale era stata disposta una ulteriore abbreviazione dei termini per l'ipotesi di necessità di notifica ai sensi del predetto art. 143 cpc.

Secondo la Suprema Corte, nella fattispecie, la Corte d'Appello di Milano ha pertanto contraddetto la giurisprudenza di legittimità che da tempo si è espressa nei seguenti termini.

Nel procedimento per la dichiarazione di fallimento, l'avvenuta "procedimentalizzazione" del giudizio e delle attività di trattazione ed istruttoria, a seguito della riforma di cui al D.Lgs. n. 5/2006 ed al D.Lgs. n. 169/2007, implica che la notificazione al debitore del ricorso e del decreto di convocazione all'udienza sia la regola anche quando il debitore, resosi irreperibile, si sia sottratto volontariamente o per colpevole negligenza al procedimento restando la notifica un adempimento indefettibile.

Ai sensi dell'art. 15, comma terzo, L.F., nuovo testo, la notifica al debitore del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza deve necessariamente avvenire nelle forme di cui agli artt. 136 ss cpc. -salvo che non ricorra l'ipotesi dell'abbreviazione dei termini per ragioni di urgenza prevista dall'art. 15, comma quinto, L.F.- pertanto il ricorso alle formalità di notificazione di cui all'art. 143 cpc. (irreperibili), presuppone sempre e comunque che, nel luogo di ultima residenza nota, siano compiute effettive ricerche e che di esse l'ufficiale giudiziario ne dia espresso conto.

Risulta superato l'orientamento in materia espresso da Cass. Civ., Sez. I, n. 32/2008 (in applicazione del precedente testo dell'art. 15 L.F.), né ratione temporis sono applicabili i diversi principi enunciati da Cass. Civ. Sez. I, n. 17946/2016 e dalla Corte Costituzionale n. 146/2016.

Ne consegue che, in mancanza di tali adempimenti, deve essere dichiarata la nullità della notificazione e, per violazione del contraddittorio, la nullità della sentenza dichiarativa di fallimento, con conseguente obbligo del Collegio d'appello di rimettere gli atti al primo giudice ex art. 354 cpc. applicabile anche ai reclami camerali.

Infine, la Suprema Corte, nella sentenza in esame, ha altresì ribadito che la chiusura del fallimento non rende improcedibile l'opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento e che il relativo giudizio continua in contraddittorio anche del curatore (la cui legittimazione non viene meno) in quanto in tale giudizio si discute se il debitore doveva essere dichiarato o meno fallito (cfr. Cass. Civ. Sez. I, 17.01.2017 n. 979; Cass. Civ., Sez. I, n. 22218/2013; Cass. Civ., Sez. I, n. 10954/2014).


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