La misura adottata dalla Regione Friuli è una sorta di "Patto d'onore" tra cittadino e istituzioni

di Gabriella Lax - Non un vero reddito di cittadinanza ma una sorta di "Patto d'onore" che il cittadino stipula con le istituzioni. Ecco la misura adottata da un anno e mezzo dal Friuli Venezia Giulia. Mentre il disegno di legge sul reddito di cittadinanza è fermo da tempo in Parlamento ci pensano regioni e comuni a sperimentare una forma di sostegno ai cittadini in difficoltà.

Dopo Livorno che lo scorso anno ha introdotto la misura (in fase sperimentale), con 500 euro al mese, destinati ai cittadini in possesso di determinati requisiti (residenza nel comune da almeno 5 anni, disoccupazione e iscrizione al locale centro per l'impiego, reddito familiare non superiore a 6.530 euro) e Napoli che ha istituito il reddito minimo cittadino (leggi:"Al via il reddito di cittadinanza: 500 euro al mese"), anche il Friuli sperimenta a suo modo il reddito di cittadinanza.

L'aiuto regionale va dai 70 ai 550 euro mensili rispetto al valore dell'Isee (che non può superare i seimila euro) in cambio dell'impegno a cercare lavoro e ad aggiornarsi. L'accordo ha la durata di due anni, con uno stop di un bimestre a metà percorso, per ricalibrare il progetto. Chi può essere ricollocato professionalmente (il 43% dei contributi è stato erogato a disoccupati) garantisce di frequentare corsi di formazione e accetta gli stage. Chi è soggetto a dipendenze (ludopatia compresa) deve assicurare che parteciperà a programmi di riabilitazione. Le statistiche friulane sostengono che sul totale di 1,22 milioni di abitanti sono 32mila le persone che hanno chiesto il sostegno, suddivise in poco più di 11 mila domande. Andando nel particolare: uno su tre è single, il 42% è senza figli, solo il 14% ne ha tre o più. Si tratta nel 56% dei casi di cittadini italiani e nel restante 44% di stranieri. Il requisito necessario è la residenza in regione da 24 mesi. Per i non autoctoni c'è anche il possesso della carta di soggiorno di lungo periodo che si ottiene solo dopo cinque anni in Italia.



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