La Cassazione spiega che a seguito della riforma operata dal d.lgs. 7/2016 l'uso di una scrittura falsa non è più un reato

di Lucia Izzo - L'uso di una scrittura falsa non è più un fatto previsto dalla legge come reato, a seguito della riforma operata dal d.lgs. 7/2016. Lo ha precisato la Corte di Cassazione, seconda sezione penale, nella sentenza n. 4951/2017 (qui sotto allegata) annullando senza rinvio il provvedimento impugnato limitatamente al reato di falso perché il fatto non è previsto dalla legge come reato


L'imputata era stata condannata in primo grado e in appello per i reati di tentata truffa (artt. 56 e 640 c.p.) e per uso di atto falso (artt. 485 e 489 c.p.): alla donna si contestava, in concorso con altre persone rimaste ignote, di avere utilizzato artifizi e raggiri (consistiti nel fare uso di una scrittura privata relativa a una richiesta di inserzione sul Registro Italiano Internet con firma falsa del notaio e dell'impronta contraffatta del suo timbro) al fine di procurarsi un ingiusto profitto consistente nella richiesta di saldo di una fattura dell'importo 958 euro.


Tuttavia, quanto all'aver fatto "uso" di una scrittura privata con firma falsa (condotta per la quale è intervenuta la condanna), gli Ermellini rammentano che il d.lgs. 7/2016 ha abrogato il reato di falso in scrittura privata di cui all'art. 485 c.p. e ha cancellato il secondo comma dell'art. 489 c.p., a norma del quale "Qualora si tratti di scritture private chi commette il fatto è punibile soltanto se ha agito al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno".


La conseguenza è che il testo vigente della norma di cui all'art. 489 c.p. è rimasto il seguente: "Chiunque senza essere concorso nella falsità, fa uso di un atto falso soggiace alle pene stabilite negli articoli precedenti, ridotte di un terzo". 


Da tale contesto normativo, pertanto, la Cassazione ritiene che anche l'uso di scrittura privata

falsa non è più previsto dalla legge come reato. Tanto si desume dal fatto che il testo normativo oggi vigente ha solo un generico riferimento all'atto falso, senza più espresso richiamo alle scritture private: queste non possono però essere ricomprese nel menzionato concetto più generico, sia per espressa eliminazione della parte della norma che le riguardava, sia per il fatto che la norma stessa prevede un trattamento sanzionatorio che è venuto meno attraverso l'abrogazione dell'art. 485 c.p., così facendo perdere il parametro normativo di riferimento.


Sarebbe illogico, proseguono gli Ermellini, se non addirittura incostituzionale, che il legislatore abbia stabilito che non è più reato falsificare una scrittura privata mentre continuerebbe a esserlo la condotta, indubbiamente meno grave, del fare uso della scrittura falsa


Pertanto, conclude la Cassazione, l'unica lettura possibile e costituzionalmente orientata del contesto normativo sopra descritto, nel quale il legislatore aveva in origine deciso di ben differenziare l'ipotesi specifica dell'uso della "scrittura privata" falsa rispetto a quella più generica dell'uso di un "atto falso" e ha, con l'intervento operato con il d.lgs. 7/2016, addirittura eliminato ogni riferimento alla "scrittura privata", è quella di ritenere che anche l'uso di scrittura privata falsa oggi non è più previsto dalla legge come reato.


Ciò impone l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente al reato di falso perché il fatto non è (più) previsto dalla legge come reato.

Cass., II sez. pen., sent. n. 4951/2017

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