La risposta di Cassa forense alla petizione degli avvocati etnei

di Gabriella Lax - La riscossa degli avvocati contro i costi della cassa forense era partita, qualche settimana fa, con una petizione dal foro di Catania, ma oggi riguarda tutti i fori italiani, con adesioni già arrivate a 20.000 che si moltiplicano giorno dopo giorno (leggi:"Avvocati: al via la petizione contro la Cassa Forense"). 

Ad incalzare la polemica ci pensa ora Il Dubbio, testata del Consiglio Nazionale Forense, con un'intervista al presidente della Cassa Forense Nunzio Luciano, le cui parole tendono a sminuire l'importanza di quella che sembra una ribellione di ben altra caratura ed a puntualizzare: «Non metto in discussione la buonafede di questi colleghi, spesso giovani e alle prese con difficoltà oggettive, ma devono conoscere meglio l'attività che svolge la Cassa. Chi paga il minimo riceve più di quanto versa. Diamo aiuti per famiglia e salute».

Ma andiamo con ordine.

La petizione

Riduzione drastica e immediata dei costi della cassa previdenziale forense. Questa la richiesta contenuta nella petizione lanciata qualche settimana fa da un gruppo di avvocati del foro etneo ma che ha assunto presto proporzioni nazionali. Considerata nel suo insieme la crisi dell'avvocatura, nel testo della petizione viene chiesto di rivedere i meccanismi che tutelano a livello previdenziale il settore legale che rappresentano un forte limite all'accesso alla professione per i giovani avvocati, i quali, comunque, per i primi anni mantengono un regime agevolato.

Per legge tutti gli iscritti all'albo devono versare un contributo annuale alla Cassa Forense, pari a circa 3.800 euro per arrivare ad una pensione di poco meno di 400 euro, dopo 35 anni di esercizio della professione. Questa quanto denunciato dalla petizione

che mette sotto accusa i costi della cassa previdenziale, la cui iscrizione è obbligatoria anche per chi ha appena superato l'esame di abilitazione. La sottoscrizione, si ricorda, è iniziata con una pagina evento sui social network apponendo la firma completa ed il foro di appartenenza ed ora è arrivata anche nei tribunali (leggi: "Avvocati: la petizione contro la Cassa arriva nei tribunali").

La risposta della Cassa

Nello stesso articolo, il presidente Luciano sostiene di aver fatto chiarezza sulla situazione, nel corso di un incontro con molto pubblico svoltosi a Catania. Sostiene altresì la necessità che i temi in oggetto siano ancor meglio chiariti dalla stessa Cassa. E, sulle accuse dei pagamenti elevati agli amministratori delegati, ha specificato: «Indennità e i gettoni di presenza per amministratori e delegati erano fermi dal 2000, negli enti pubblici e nelle altre casse gli amministratori continuano a percepire emolumenti di gran lunga superiori. Noi in ogni caso rispetto al 2000 abbiamo introdotto solo l'adeguamento all'indice Istat». Ed ancora, a proposito, nello specifico, delle contribuzioni: « Il nostro è un sistema solidaristico e va difeso. È di 2.800 euro il contributo soggettivo minimo, a cui si aggiunge il contributo integrativo pagato dai clienti, che costa molto di più agli avvocati con un reddito più elevato. La pensione minima sarà di 11.200 euro annui, molto più di quanto si versa. Se vogliamo semplificare, chi paga sempre il minimo dà 85 e otterrà 100; chi invece ha redditi alti paga 113 per ottenere 100. Una parte dell'assegno, per chi guadagna meno, è coperta dai colleghi con un'attività maggiore».

La reazione degli avvocati

Va giù pesante Goffredo D'Antona, primo firmatario della petizione che, come riporta il sito L'Urlo, ritiene «offensiva la condotta del Presidente della cassa forense che ha ritenuto di non rispondere a migliaia di avvocati ma di rilasciare autocelebrative dichiarazioni ad un giornalista». Irrispettose, per il primo firmatario, anche le parole espresse nei confronti dei giovani avvocati accusati di ignoranza sulle questioni riguardanti la cassa. «Premesso che ogni avvocato merita un assoluto rispetto, dal praticante di uno studio di provincia, al principe del foro, se il Presidente della Cassa si fosse impegnato un attimo a rispondere a chi gli paga quasi 100 mila euro l'anno avrebbe verificato che gli aderenti non sono solo giovani avvocati con problemi, ma anche avvocati di una certa età e d'esperienza che non hanno particolari difficoltà ma che reputano comunque indecorosi quei compensi» ha concluso D'Antona.


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