Per la Cassazione, anche in presenza di accertamenti eseguiti su richiesta delle autorità, il rifiuto paralizza la loro esecuzione

di Marina Crisafi - Sottrarsi agli accertamenti etilometrici in ospedale configura il reato di rifiuto e di conseguenza non esime il soggetto dal rispondere della guida in stato di ebbrezza. Lo ha stabilito la Cassazione, con la sentenza n. 4236/2017 (qui sotto allegata), rigettando il ricorso di un uomo avverso la sentenza della corte d'appello di Bologna che lo aveva condannato per i reati previsti dagli artt. 81 cpv. c.p., 186, comma 7 e 187, comma 8, Codice della Strada, per essersi rifiutato di sottoporsi ai prelievi presso la struttura ospedaliera dove era stato ricoverato in seguito a un incidente, al fine di stabilire la presenza di alcool nel sangue e/o l'alterazione da assunzione di sostanze stupefacenti.

L'uomo ricorreva innanzi al Palazzaccio denunciando violazione di legge e vizio di motivazione per la riconosciuta responsabilità penale a seguito dell'esercizio del "diritto" di rifiutare di sottoporsi agli accertamenti. L'imputato sosteneva altresì che il suo rifiuto era del tutto irrilevante, stante il presupposto che il presidio sanitario dove era stato ricoverato poteva direttamente procedere ai prelievi a seguito di richiesta della Polizia Giudiziaria, senza alcuna necessità di chiedere il suo consenso.

Per gli Ermellini, tuttavia, il ricorso è infondato.

È ben vero, affermano infatti da piazza Cavour che "nel caso di ricovero del conducente presso una struttura sanitaria a seguito di incidente, i risultati dei prelievi, effettuati su richiesta della polizia giudiziaria, sono utilizzabili nei confronti dell'imputato per l'accertamento del reato di guida in stato di ebbrezza, trattandosi di elementi di prova acquisiti attraverso la documentazione medica e restando irrilevante, ai fini dell'utilizzabilità processuale, la mancanza del consenso", nondimeno "il prelievo non è effettuabile laddove il paziente rifiuti espressamente di essere sottoposto a qualsiasi trattamento sanitario". Per cui, in tale ultima ipotesi, per espressa previsione della norma ex art. 186 Cds comma 7, "il reato di rifiuto sussiste anche nel caso in cui il conducente si sottragga volontariamente agli accertamenti etilometrici di cui all'art. 186, comma 5, Cod. Strada: ossia a quelli legittimamente eseguiti in esecuzione di protocolli sanitari presso la struttura ove il conducente é stato ricoverato a seguito di incidente stradale". In questo caso, pur trattandosi di prestazione "incoercibile, la manifestazione di volontà contraria al prelievo configura il reato di rifiuto, non essendovi alcuna coartazione della libertà personale del conducente, né tanto meno della sua libertà di rifiutare cure mediche".

In altre parole, l'espresso rifiuto di sottoporsi ai prelievi legittimamente richiesti dalle autorità "paralizza" la loro esecuzione ma non esime il conducente dal rispondere del reato di guida in stato di ebbrezza. Per cui, pur essendo ultronea la richiesta del consenso dell'interessato per poter procedere ai prelievi richiesti, nondimeno il rifiuto di sottoporvisi (laddove esso sia richiesto in via "preventiva") "non é irrilevante, essendo ostativo all'esecuzione dei prelievi e costituendo in tal senso una facoltà dell'interessato laddove si tratti di prelievi a carattere invasivo, come quello ematico". Anche in tale ipotesi, però, hanno concluso dalla S.C. rigettando il ricorso, "si tratta di un rifiuto che integra le fattispecie di reato contestate, ambedue tese a dissuadere chi intenda ostacolare gli accertamenti (in qualunque forma eseguiti) in ordine all'ebbrezza o all'alterazione da stupefacenti".

Cassazione, sentenza n. 4236/2017

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