Per la Corte Costituzionale non è necessario alcun adeguamento come invece avviene per le pensioni dirette o si vanificherebbe la logica premiale

di Lucia Izzo - Nonostante sia aumentata l'età pensionabile, non muta il coefficiente di trasformazione per il calcolo della pensione ai superstiti di assicurati deceduti anteriormente ai 57 anni di età. Infatti, una ridefinizione del coefficiente di trasformazione, volta ad allineare tale disciplina a quella della pensione diretta, andrebbe ad assimilare situazioni eterogenee e governate da principi peculiari, vanificando la logica premiale dell'istituto.


Lo ha precisato la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 23/2017 (qui sotto allegata) pronunciatasi a seguito di questione di legittimità costituzionale promossa dal Tribunale di Udine, in funzione del giudice del lavoro, nel procedimento vertente tra il titolare di una pensione ai superstiti a carico del "Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti", e l'INPS.


Al centro della disamina vi è l'art. 1, comma 14, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), ritenuto dal giudice remittente violare gli artt. 3, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione

, "nella parte in cui non prevede, per il calcolo della pensione ai superstiti di assicurati deceduti anteriormente ai 57 anni d'età, l'attualizzazione del coefficiente di trasformazione ai nuovi limiti d'età pensionabile in vigore".


Per il giudice a quo la modalità di calcolo prevista dalla legge sarebbe irragionevole, non essendosi adeguata alle modifiche dell'età pensionabile

, ora ben oltre l'originario limite dei cinquantasette anni. Pertanto, la mancata previsione di un meccanismo di adeguamento, che consenta di mantenere, secondo l'originaria intenzione del legislatore, il valore del coefficiente ancorato alla nuova (più elevata) età pensionabile, contravverrebbe al principio di ragionevolezza, espresso dall'art. 3 della Costituzione.


Tuttavia, secondo il giudice delle leggi la questione non è fondata. Il Collegio spiega che, nella determinazione della pensione che spetta a ciascun assicurato il coefficiente di trasformazione (che diventa via via più vantaggioso con il  progredire dell'età del pensionamento dell'assicurato) riveste un ruolo cruciale, attuando la garanzia costituzionale dell'adeguatezza dei trattamenti pensionistici.


Quanto alla pensione ai superstiti non coglie nel segno la censura del giudice rimettente che sostiene che il coefficiente di trasformazione, anche in tal caso, andrebbe adeguato come per la pensione di vecchiaia. La Corte Costituzionale spiega che la norma censurata attua e specifica il fondamento solidaristico, che contraddistingue le pensioni ai superstiti e a tale categoria di beneficiari accorda un trattamento previdenziale anche quando l'assicurato non possieda i requisiti per accedere alla pensione diretta. 


Il legislatore ha ritenuto di applicare in questa fattispecie un coefficiente di trasformazione uniforme, convenzionalmente ancorato all'età di cinquantasette anni, e l'evoluzione normativa che ha elevato l'età per accedere alla pensione diretta non va a modificare tale disciplina: l'intervento prefigurato dal giudice rimettente, spiega la Corte, mira a trasporre nell'ambito della pensione ai superstiti principi e presupposti caratteristici della pensione diretta, lungo una direttrice disarmonica rispetto all'odierna disciplina del diritto alla pensione ai superstiti, configurato come diritto autonomo e originario.

Una ridefinizione del coefficiente di trasformazione, si legge nel provvedimento, ancorato a quello più favorevole previsto per chi acceda alla pensione di vecchiaia a un'età apprezzabilmente più elevata rispetto ai cinquantasette anni, assimilerebbe situazioni eterogenee e governate da princìpi peculiari: da un lato, la pensione diretta di vecchiaia, con coefficienti di trasformazione rimodulati in armonia con la scelta legislativa di innalzare l'età pensionabile, dall'altro la pensione ai superstiti, erogata anche ai congiunti di un assicurato che non abbia conseguito la pensione di vecchiaia e sia morto prima di compiere i cinquantasette anni di età.

La soluzione tratteggiata vanificherebbe la logica premiale, che presiede all'attribuzione di un coefficiente di trasformazione più cospicuo a chi rimanga in servizio per un periodo più lungo, anche oltre la data di maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia (art. 24, comma 4, del d.l. n. 201 del 2011) e condurrebbe a uniformare indiscriminatamente verso l'alto il trattamento riservato ai superstiti, in tutte le ipotesi in cui l'assicurato muoia prima di avere conseguito il diritto alla pensione diretta.


Per questa via, che non è costituzionalmente imposta dal fondamento solidaristico delle pensioni ai superstiti, si accomunerebbero situazioni diversificate, in contrasto con una linea di graduale ed equilibrato incremento del trattamento previdenziale in relazione al progredire dell'età di accesso alla pensione e al più consistente importo dei contributi versati.

Corte Costituzionale, sent. 23/2017

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