La Cassazione sull'onere probatorio nelle indagini finanziarie
Dott.ssa Giusi Antonia De Prisco - Di particolare importanza ed interesse è la recente pronuncia della quinta sezione della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 711 del 13 gennaio 2017 (qui sotto allegata), la quale si trova ad esaminare una questione relativa ad una indagine finanziaria ai sensi dell'articolo 32 del D.P.R. 600/73

Oggetto del contenzioso tributario è un accertamento bancario, sul punto, va qui ricordato che in caso di tale accertamento, è onere del contribuente dimostrare che i proventi desumibili dai movimenti bancari non sono riferibili ad operazioni imponibili fornendo in tal senso una prova analitica su ogni versamento effettuato. 

 L'art. 32, n. 2, D.P.R. n. 600/1973, recante norme in materia di poteri degli uffici in tema di accertamento, prevede, nella sua attuale formulazione, che "[...] sono altresì posti come ricavi o compensi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e semprechè non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli importi riscossi nell'ambito dei predetti rapporti od operazioni". 

La stessa disposizione, invece, nel precedente testo (in vigore fino al 31 dicembre 2004), prevedeva i soli "ricavi" come oggetto del controllo, mentre la vigente formulazione parla opportunamente di "ricavi o compensi" onde consentire di accertare analiticamente i redditi dei liberi professionisti eliminando i dubbi interpretativi originatisi in precedenza. 

 Sulla base di tali affermazioni, si pone l'interrogativo dell'eventuale esistenza di una presunzione legale sulla natura giuridica degli accertamenti, i quali risulterebbero fondati sulla presunzione derivante dall'esame dei conti correnti bancari, atteso che il citato art. 32, n. 2), D.P.R. n. 600/1973 che conferisce rilevanza all'esame dei conti non giustificati in contraddittorio

dal contribuente. In sede di accertamento induttivo basato sulle indagini bancarie, la presunzione legale prevista dal predetto art. 32 ‐ secondo cui tutti i movimenti in entrata e in uscita da un conto corrente bancario rilevano ai fini dell'accertamento dell'imponibile, fatta salva la prova contraria ‐ non riguarda anche i costi sostenuti dal contribuente. In presenza di accertamenti bancari, è a carico del contribuente dimostrare che i proventi desumibili dalla movimentazione bancaria non debbono essere recuperati a tassazione o perchè già indicati in dichiarazione o perchè non sono fiscalmente rilevanti, in quanto non si riferiscono ad operazioni imponibili. 

La presunzione cd. legale contenuta nell'art. 32, comma 1, n. 2), D.P.R. n. 600/1973, "[...] per cui i movimenti di dare ed avere (versamenti e prelevamenti) risultanti da un conto corrente bancario rilevano ai fini dell'accertamento dell'imponibile, salva la prova contraria", determina il fatto che ogni organo giudicante dovrà sempre valutare le prove addotte in giudizio dalle parti, senza mai pronunciarsi a prescindere da esse. 

Orbene, in conclusione, la Corte ritiene che qualora l'accertamento effettuato dall'ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l'onere probatorio dell'Amministrazione è soddisfatto, secondo l'art. 32 del D.P.R. n. 600 del 1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un'inversione dell'onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili e sono prive di rilevanza fiscale (Cass. nn. 15857/2016, 4829/2015); ciò vale anche in tema di IVA, al fine di superare la presunzione di imponibilità delle operazioni confluite nelle movimentazioni bancarie posta a carico del contribuente dall'art. 51, secondo comma, numero 2, del DPR n.633/1972 (Cass. sent. n.21303/2013). 

Al contempo, tuttavia, l'Ufficio deve esaminare le ragioni del contribuente e provare eventualmente l'inefficacia degli elementi giustificativi da questi addotti a sostegno delle proprie difese. Pertanto erroneamente si pronuncia il Giudice (come nel caso ha fatto la CTR) che non consideri, sulla base delle necessarie argomentazioni introdotte dalle parti, queste due fasi, ambedue necessarie a perfezionare l'accertamento. g.a.deprisco@gmail.com

Cassazione, sentenza n. 711/2017

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