Lo prevede la proposta di legge da oggi all'esame della commissione giustizia alla Camera

di Marina Crisafi - Chi vende e distribuisce magliette, accendini, tazze e souvenir con la faccia del duce o con simboli fascisti e nazifascisti rischierà fino a due anni di carcere. Idem per chi fa il c.d. saluto romano. A prevederlo è la proposta di legge che vuole introdurre il nuovo articolo 293-bis nel codice penale rubricato "Reato di propaganda del regime fascista e nazifascista".

Il provvedimento (qui sotto allegato) da domani è all'esame della commissione giustizia della Camera.

Il precedente in Emilia Romagna

Già l'estate scorsa, la prassi di vendere e diffondere souvenir con i simboli fascisti e nazifascisti era stata condannata in Emilia Romagna, dove la regione ha votato una risoluzione per estendere il reato di apologia del fascismo anche "alla vendita e diffusione di gadget con immagini del regime fascista e nazista".

Nella risoluzione si chiedeva alla giunta regionale di intervenire nelle sedi opportune per inserire nel codice penale (all'interno del reato di apologia) anche la diffusione di tali souvenir, al fine di consentire la repressione dei reati legati alla "riproduzione di atti, linguaggi e simboli del nazifascismo". Solo così, secondo la consigliera Nadia Rossi (Pd), prima firmataria dell'atto, si poteva "dare un segnale contro la banalizzazione della storia e del male rappresentato dal totalitarismo fascista, perché la memoria non può venire offuscata da mere logiche commerciali".

La risoluzione non trovava però il favore di tutti, giacché troppo lesiva dell'attività dei commercianti e in grado di compromettere anche "il commercio dei cimeli e delle pubblicazioni dell'epoca fascista nei mercatini di antiquariato".

Sempre l'anno scorso una richiesta analoga arrivava anche dal comune di Rimini, dopo la denuncia di due turisti americani di fede ebraica che avevano trovato in un negozio souvenir con la faccia di Mussolini e Hitler.

Il disegno di legge

Il ddl, presentato alla fine del 2015, raccoglie le istanze evidenziate e propone una fattispecie autonoma di reato per punire "chiunque propagandi le immagini o i contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco, ovvero delle relative ideologie".

Ad essere oggetto del ddl non è soltanto "tutta la complessa attività commerciale che ruota intorno alla vendita e al commercio di gadget o, ad esempio, a bottiglie di vino riproducenti immagini, simboli o slogan esplicitamente rievocativi dell'ideologia del regime fascista o nazifascista" e che suscita "la denuncia e lo sconcerto da parte di turisti in viaggio nel nostro Paese" ma anche il c.d. "saluto romano".

Nonostante, infatti, vi siano numerose sentenze della Cassazione (cfr. n. 37577/2014) che confermano che tale gesto è perseguibile sulla base della legislazione vigente, non mancano, si legge nella relazione al testo, esempi contrari (cfr. sentenza tribunale Livorno 2015) che hanno ritenuto che il fatto in sé non costituisce reato.

Da qui l'esigenza di un intervento normativo che colpisca in modo inequivoco sia l'espressione di tale gesto che le altre condotte, le quali, sostengono i relatori del ddl, sfuggono alle norme vigenti (come le leggi Scelba e Mancino) anche per via della loro potenziale diffusione grazie alle moderne tecnologie, sconosciute ai tempi in cui le leggi speciali furono approvate.

Il nuovo art. 293-bis

Il ddl, composto da un solo articolo, introduce, dunque, nel codice penale la fattispecie autonoma di reato di "propaganda del regime fascista e nazifascista" che punisce con la reclusione da sei mesi a due anni "chiunque propaganda le immagini o i contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco, ovvero delle relative ideologie, anche solo attraverso la produzione, distribuzione, diffusione o vendita di beni raffiguranti persone, immagini o simboli a essi chiaramente riferiti, ovvero ne richiama pubblicamente la simbologia o la gestualità".

Al secondo comma è prevista inoltre l'aggravante (con pena aumentata di 1/3) "se il fatto è commesso attraverso strumenti telematici o informatici".

Ddl reato propaganda fascista

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