La testimonianza è un mezzo di prova sottoposto ai limiti oggettivi di cui agli artt. 2721 e ss. c.c. e a quelli soggettivi di cui all'art. 246 e ss. c.p.c.

In particolare, a mente dell'art. 246 c.p.c., non possono essere assunte come testimoni le persone aventi nella causa un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio. L'incapacità a testimoniare, pertanto, si distingue dall'inattendibilità del teste in quanto si riferisce alla sussistenza di un interesse giuridico attuale e concreto ex art 100 c.p.c., oggetto di valutazione discrezionale da parte del giudice, e "correlabile soltanto ad un diretto coinvolgimento della persona chiamata a deporre nel rapporto controverso, tale da legittimare una sua assunzione della qualità di parte in senso sostanziale o processuale del giudizio, e non già alla ravvisata sussistenza di un qualche interesse di detta persona in relazione a situazioni e a rapporti diversi da quello oggetto della vertenza, anche in qualche modo connessi" (Cass. n. 8180/2016). Per tale ragione, è stato ritenuto capace di rendere testimonianza il lavoratore che aveva querelato il ricorrente autore dell'aggressione subita.

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Nell'affrontare specifiche ipotesi per determinare la validità della prova testimoniale in relazione alla capacità a deporre, la giurisprudenza più recente ha altresì avuto modo di precisare che:

- in tema di revocatoria fallimentare, non sussiste l'incapacità del fallito a testimoniare, dal momento che egli non è titolare di un interesse giuridico, personale, concreto ed attuale che lo abiliti a partecipare al giudizio stesso, e in difetto, di espressa previsione normativa, l'incapacità a testimoniare non rientra tra quelle personali di cui agli artt. 50 e 142 r.d. n. 267/1942, né, infine, la testimonianza del fallito trova alcun impedimento negli artt. 43 e 118 della medesima legge (così, Trib. Massa 08.09.2016);

- il promotore finanziario che abbia agito quale mandatario senza rappresentanza di un intermediario finanziario, e non abbia mai intrattenuto rapporti con lo stesso, non è incapace a deporre, ex art. 246 c.p.c., nel giudizio intrapreso dall'investitore nei confronti dell'intermediario medesimo, non avendo un interesse attuale e concreto all'esito di tale giudizio, stante la distinta responsabilità del promotore e del soggetto abilitato per le eventuali violazioni dei propri doveri di comportamento (Cass. n. 13212/2016);

- in tema di prova testimoniale è destituita di fondamento l'eccezione di incapacità a testimoniare, sollevata nei confronti del procuratore speciale non essendo, lo stesso, assimilabile al legale rappresentante. Solo quest'ultimo, infatti, risulta avere la qualifica di "parte", avente un "interesse che potrebbe legittimarne la partecipazione in giudizio". Solo tale circostanza è idonea ad escludere la capacità a testimoniare, ai sensi dell'art. 246 c.p.c. (Trib. Firenze 08.04.2016);

- nel giudizio tra datore di lavoro ed ente previdenziale, avente ad oggetto il mancato pagamento di contributi, qualora sorga contestazione sull'esistenza del rapporto subordinato, presupposto dell'obbligo contributivo, sussiste l'incapacità a testimoniare del lavoratore i cui contributi siano stati omessi; ciò non esclude, tuttavia, che il giudice, avvalendosi dei poteri conferitigli dall'art. 421 c.p.c., possa interrogarlo liberamente sui fatti di causa (Cass. n. 1256/2016).

L'eventuale incapacità a testimoniare deve essere eccepita dalla parte interessata al momento della deposizione o nella prima difesa successiva, altrimenti la nullità della testimonianza si intende sanata ex art. 157 c.p.c.


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