Nota di commento alla sentenza della Corte Costituzionale n. 268 del 15.12.2016

Avv. Francesco Pandolfi - Pensiamo al caso in cui un militare deve essere sanzionato: si pone un problema di gradualità e proporzionalità della sanzione, sempre.

La Corte Costituzionale si è pronunciata sul tema della legittimità o meno dell'automatica cessazione dal servizio del militare per la perdita del grado -come semplice conseguenza della pena accessoria dell'interdizione temporanea dai pubblici uffici-, senza che si svolga il procedimento disciplinare.

Ora, andando un attimo alle nozioni: l'interdizione perpetua pregiudica in radice qualsiasi ripresa del rapporto, mentre l'interdizione temporanea dai pubblici uffici è provvisoria.

Passando al caso pratico, la circostanza in commento ci riferisce di un'espulsione "automatica" del militare a causa di una condanna per lieve abuso di ufficio: non aveva elevato una contravvenzione stradale per mancato utilizzo delle cinture di sicurezza, procurando in questo modo un indebito vantaggio al conducente del veicolo.

Successivamente nella causa penale risaltava la lieve offensività in concreto della condotta del militare, in pieno contrasto con l'abnorme conseguenza derivante dall'applicazione della massima sanzione disciplinare.

Vediamo allora qual'è stato il ragionamento della Corte (questione di legittimità costituzionale sollevata dai Tar Lombardia e Campania), prima osservando le disposizioni del Codice Ordinamento Militare criticate (Dlgs 66/2010), poi leggendo l'orientamento dei Magistrati.

Le norme censurate

Un secco "no" della Corte si abbatte sugli artt. 866 comma 1, 867 comma 3 e 923 comma 1 lettera i del Dlgs n. 66/2010.

Ha sottolineato la Corte Costituzionale che la combinazione di queste norme produce un effetto di questo tipo: il militare che eventualmente subisca una condanna penale non condizionalmente sospesa, per la quale sia prevista la pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici, cessa in automatico dal servizio dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna.

Tradotto: è contemplata la cessazione dal servizio in caso di perdita del grado; a sua volta tale perdita del grado consegue, in assenza di giudizio disciplinare, alla condanna definitiva (non condizionalmente sospesa, per delitto non colposo che comporti l'interdizione temporanea dai pubblici uffici).

Cosa dice la Corte Costituzionale

La Corte parte da questo concetto, ricordando l'orientamento prevalente: è illegittima l'automatica destituzione da un pubblico impiego a seguito di una sentenza penale, senza che si sia instaurato un procedimento disciplinare.

La sanzione disciplinare si muove su binari assolutamente diversi ed autonomi dalla sanzione penale.

Va quindi sempre graduata all'interno di un procedimento disciplinare autonomo: non può essere la conseguenza (automatica) di una condanna penale.

Cosa bisogna sapere

Sul presupposto che l'automatismo criticato non può essere ritenuto applicabile neppure al mondo militare, solo rarissimi casi consentirebbero di procedere in quel senso (si tratta di quei casi dove la fattispecie penale ha un contenuto tale da essere assolutamente incompatibile con il rapporto di impiego o di servizio).

Non è certo il caso dell'interdizione temporanea che ha interessato il militare coinvolto in quel procedimento.

Da ricordare che il Legislatore già nel 1990 aveva disposto il divieto di destituzioni di diritto per condanna penale.

Successivamente la cessazione automatica, come pena accessoria, è stata circoscritta a delitti per i quali sia inflitta la pena non inferiore a due anni di reclusione.

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