A segnalare la drammatica situazione è la regione Veneto, ma nel resto di Italia le cose non vanno meglio. Sono i nuovi poveri

di Lucia Izzo - Una classe forense in crescita esponenziale, un vero e proprio boom di legali negli ultimi anni: un fenomeno che ha come effetto collaterale quello di creare difficoltà economiche che i professionisti si trovano ad affrontare, vittime di una spietata concorrenza che coinvolge anche altre figure professionali le quali, come riporta il Corriere del Veneto, hanno "fagocitato ampie fette di mercato" facendo calare i fatturati in dieci anni del 30-40%.


Il quotidiano Veneto lancia l'allarme: tanti, troppi professionisti forensi in molti casi sottopagati "perchè l'offerta supera di gran lunga la domanda". Difficoltà tali da aver fatto registrare ritardi nel pagamento, nei tempi previsti, delle quote di iscrizione all'albo, con il rischio della sospensione.


Il Presidente dell'Ordine di Treviso, Massimo Sonego, svela che nel 2016 sono stati spediti un centinaio di solleciti a fronte del passato in cui questi potevano contarsi sulle dita di una mano. Un segnale di sofferenza chiaro, nonostante i legali riescano poi a regolarizzarsi. Stessa situazione anche a Padova, ora la provincia con più avvocati e praticanti di tutta la regione.


Numeri, tuttavia, ancora indubbiamente distanti dai 34mila professionisti della Campania o dai 32mila della Lombardia, ma che vanno confrontati con le esigenze e le caratteristiche del territorio. Il problema è che al boom di avvocati non è seguita una contestuale crescita della domanda di servizi che, invece, è rimasta invariata o addirittura è diminuita stante la concentrazione di grandi gruppi bancari o commerciali e della circostanza, sottolineata da Francesco Rossi, presidente dell'Orine di Padova, che i clienti si rivolgono sempre di più alle agenzie infortunistiche, ai commercialisti, ai notai. Persino i geometri hanno rosicchiato spazi di mercato.

La situazione nel resto d'Italia

La crisi dei professionisti, tuttavia, è un fatto di rilevanza nazionale e non solo regionale. Superare il temuto "esame di Stato" ed ottenere l'agognato titolo con studio e fatica, non rappresenta una grande conquista, almeno dal punto di vista economico. Solo alla Cassa Forense gli avvocati pagano contributi annui che possono diventare proibitivi quando vi si aggiungono tutte le altre spese legate all'esercizio della professione.


A lasciare la professione lo scorso anno sono stati circa 8mila avvocati, un piccolo esercito che non è riuscito più a sostenere le difficoltà (per approfondimenti:Avvocati in fuga: in ottomila lasciano la toga. Sono "i nuovi poveri"

). Un calo dovuto anche all'elevato numero dei legali italiani che sono 269 ogni 100mila abitanti, una cifra superata in Europa solo dalla Spagna (277). In Germania, invece, gli avvocati ogni 100mila abitanti sono 191, in Francia invece 84. Ma un peso ha certamente avuto anche la riforma della cassa di previdenza varata dal governo Monti e avviata a fine 2014.


Secondo dati del Cresme e dell'Ordine di Torino, relativi al 2014, tra gli iscritti all'ordine il tasso di disoccupazione è del 30%, il reddito di ingresso non raggiunge sempre gli 800 euro e dopo cinque anni di professione gli emolumenti si aggirano sui 1.500 euro. Una difficoltà che si riversa soprattutto sui giovani legali che non riescono a farsi largo e ad affermarsi, o almeno a rimanere a galla nell'universo sovraffollato della professione.


La situazione, tuttavia, cambia anche a seconda della collocazione territoriale: scendendo lungo lo stivale il reddito cala di 30mila euro, passando dai 55mila della zona padana fino ai 22mila del Sud e delle Isole. Non mancano, altresì, le differenze di genere: una professionista donna guadagna la metà di un collega uomo.


Crescono anche gli studi professionali in Italia indebitati con banche, istituzioni finanziarie o fornitori, e ciò non sorprende considerato che farsi pagare dai committenti è divenuto un grave problema: i tempi medi per i pagamenti delle parcelle sono infiniti, si parla di circa 172 giorni nel caso dei privati, e 217 nel caso del cliente pubblico.


Ma non sono solo gli avvocati a risentire del drastico calo dei redditi: l'Adepp, l'associazione che riunisce le casse pensionistiche dei professionisti italiani evidenzia che i professionsiti che hanno risentito di più della crisi e dell'inflazione sono, oltre agli avvocati, i commercialisti, i ragionieri, i biologi, i giornalisti, i consulenti del lavoro, gli architetti e gli ingegneri. In controtendenza, invece, si trovano medici, farmacisti, infermieri e veterinari, il cui reddito è invece cresciuto del 7%.


Quale soluzione, dunque, per quelli che molti hanno già definito "nuovi poveri"? Per taluni si dovrebbe agire già a livello universitario, contenendo i numeri e istituendo l'accesso a numero chiuso nella facoltà di giurisprudenza. Altri, invece, pensano a un turn over, per bilanciare i numeri regolamentando il flusso di avvocati in pensionamento e chi, invece, intraprende l'attività.


Altre proposte giungono dalle associazioni di settore: come ha spiegato Gaetano Stella, presidente di Confprofessioni, in un'audizione parlamentare, si potrebbero introdurre politiche di agevolazione per le startup di professionisti e per l'innovazione tecnologica; finanziamenti agevolati per le spese di avviamento di uno studio o per la sua ristrutturazione; la possibile creazione di un fondo di solidarietà interprofessionale tra le varie casse pensionistiche che possa permettere agli iscritti di superare i peggiori periodi di crisi. Nell'attesa di soluzioni, però, i soldi continuano a non girare e i professionisti in crisi sono destinati ad aumentare ancora.


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