Riapre il dibattito la sentenza del Giudice di Pace di Brescia che ha annullato una multa irrogata a un cliente

di Lucia Izzo - Niente multa per l'automobilista che si era avvicinato con il veicolo ad una prostituta. Lo ha deciso il Giudice di Pace di Brescia in una recente sentenza, annullando così la sanzione di ben 500 euro elevata ad un uomo pizzicato in strada a trattare con una donna.


La Polizia Locale aveva fatto applicazione dell'ordinanza comunale che punisce chi viene beccato a intrattenere affari con la prostituta, non solo con una multa, ma addirittura con il sequestro del veicolo se al volante c'è il proprietario.


Per il giudicante bresciano, tuttavia, sia la multa che la norma del Regolamento Comunale sono invalidi poiché "un organo diverso dallo Stato non può disciplinare la cosiddetta lotta alla prostituzione perché ciò esula dai suoi poteri".


D'altronde poichè la prostituzione, seppur contraria al buon costume, non costituisce un'attività illecita, è preclusa la possibilità di porre delle regole che creino ostacolo o intralcio allo svolgimento di tale libertà se non mediante leggi statali.


La norma della Loggia è illegittima anche perché "vieta anche solo di colloquiare con soggetti che esercitano la prostituzione". In realtà, le uniche multe ai clienti di chi esercita la prostituzione sono quelle che sfociano in illeciti civili o penali, ad esempio atti osceni in luogo pubblico. 

Ciononostante, le cose potrebbero essere destinate a cambiare, secondo quanto previsto da un disegno di legge presentato alla Camera, a firma principale di Caterina Bini (PD), che introdurrebbe proprio il reato di "acquisto dei servizi sessuali" (per approfondimenti leggi: In arrivo multe fino a 10mila euro e carcere per chi va con le prostitute). Per i trasgressori sarebbero previste multe fino a 10mila euro nonchè il carcere fino a un anno in caso di condotte reiterate. 


Una novità che andrebbe ad aggiungersi alla recente decisione della Corte di Cassazione, che ha affermato, nella sentenza n. 22413/2016, che anche chi esercita l'attività di prostituzione è tenuto a pagare le tasse, a nulla rilevando se l'attività di meretricio sia abituale o saltuaria (cfr: La prostituta deve pagare le tasse: parola di Cassazione!). Tale attività, chiariscono gli Ermellini, genera comunque un reddito a fini Irpef, trattandosi in ogni caso di proventi rientranti nella categoria residuale dei redditi diversi prevista dall'art. 6 comma 1 lett f) d.p.r. n. 917/1986.



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