Un ricorso ex art. 700 c.p.c. accolto inaudita altera parte dal Tribunale di Treviso con decreto del 20.07.2016 e confermato con ordinanza del 04.10.2016

Avv. Alessio Orsini - L'accesso al credito bancario per importi da 30mila euro determina l'iscrizione all'intero di una c.d. Centrale dei Rischi gestita dalla Banca D'Italia.

L'essere oggetto di segnalazione in tale banca dati ha una funzione pubblicistica ed informativa soprattutto, ma non solo, finalizzata a creare una sorta di "reputazione" bancaria in base alla quale eventuali nuovi istituti di credito potrebbero decidere di concedere o meno un ulteriore finanziamento. 

Pertanto, la segnalazione di una esposizione bancaria (come ad esempio un affidamento in conto corrente), non equivale ad una segnalazione c.d. "negativa". 

Gli effetti negativi sopraggiungono allorquando dovessero sopravvenire dei fattori di criticità, come il mancato pagamento di rate di finanziamenti, che comportano il c.d. "incaglio", oppure la revoca di un affidamento, che comporta uno "sconfino" che, diviene tanto più grave in relazione alla sua durata (è il caso di uno sconfino perdurante per più di 90 o 180 giorni). 

Indubbiamente tra le segnalazioni pregiudizievoli più gravi vi è quella a "sofferenza" che denota uno stato di insolvenza, anche se non equiparabile a quello che si intende con tale espressione in sede fallimentare. 

Questa segnalazione ha la finalità di avvertire tutti gli istituti di credito della grave situazione finanziaria dell'utente bancario che viene ritenuto non più affidabile. 

Solitamente ad una segnalazione a "sofferenza" segue un c.d. effetto domino, ovvero tutti gli istituti che vedono tale segnalazione temendo un "rischio" di non rientrare degli affidamenti concessi potrebbero chiedere rientri immediati e determinare così l'esclusione del segnalato dal c.d. circuito del credito legale, al quale verosimilmente non potrà più accedere fintanto che durerà la segnalazione.

Considerando gli effetti devastanti che potrebbe avere un tal tipo di segnalazione da parte dell'intermediario, le norme di settore impongono una previa istruttoria della situazione economica del soggetto segnalando e un preavviso motivato che informi dell'imminente iscrizione. 

Non sempre le segnalazioni effettuate dalle banche sono corrette ed è quindi necessario ricorrere al Tribunale. 

Nel caso esaminato (dal tribunale di Treviso con provvedimento qui sotto allegato), una società aveva contestato ad una banca l'illegittima applicazione di interessi e spese sul proprio rapporto di conto corrente e l'istituto di credito, respingendo ogni irregolarità, ad un anno e tre mesi circa dalla chiusura del conto, decise di segnalare la posizione a "sofferenza". 

Ricorreva quindi il correntista rilevando l'arbitrarietà ed illegittimità della segnalazione poiché effettuata su di un saldo contestato che volontariamente aveva deciso di non corrispondere e non certo perché non ne avesse avuto la possibilità. 

Il Tribunale di Treviso accoglieva il ricorso emettendo un decreto inaudita altera parte, successivamente confermato con ordinanza, con il quale ordinava alla banca di cancellare immediatamente la segnalazione a sofferenza. 

Il G.I. rilevò quindi l'ammissibilità del ricorso ex art. 700 c.p.c. sotto il profilo della "atipicità e residualità" ritenendo, per ciò che riguardava il periculum in mora, che fosse "da considerarsi in re ipsa attese le evidenti conseguenze negative sul piano commerciale e sulla possibilità di accesso al credito". 

Dal punto di vista del fumus boni iuris vennero valutati come indici di illegittimità della segnalazione l'inerzia della banca che per oltre un anno e tre mesi dalla chiusura del conto non aveva effettuato nessuna azione di recupero del credito. 

Ciò induceva a ritenere che l'istituto non nutrisse particolari preoccupazioni in ordine alla possibilità di recupero del credito. 

Ulteriori indici furono ravvisati nel fatto che l'esposizione fosse molto modesta rispetto al fatturato della correntista e nell'assenza in capo ad essa di protesti, pignoramenti o istanze di fallimento. 

Seguendo, quindi, i principi già espressi dalla Suprema Corte di Cassazione (con sentenza n. 15609/2014), il Tribunale di Treviso ha quindi ribadito che la segnalazione a sofferenza non può derivare "dal volontario inadempimento" ma solo all'esito di una corretta istruttoria in ordine alla "situazione patrimoniale deficitaria, caratterizzata da una grave e non transitoria difficoltà economica equiparabile, anche se non coincidente, con la condizione d'insolvenza" e "con definitiva irrecuperabilità del credito".

Tribunale di Treviso, decreto e ordinanza 4.10.2016
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Alessio Orsini
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