Casi e presupposti in cui al tradimento può seguire una condanna per risarcimento danni

La violazione dei doveri coniugali

di Lucia Izzo - Fiumi di pagine hanno alimentato nel corso degli anni la giurisprudenza in tema di infedeltà e addebito della separazione: il codice civile, all'art. 143, prevede espressamente quali sono "I diritti e doveri reciproci dei coniugi". In base a tale norma i coniugi sono tenuti non solo a collaborare nell'interesse della famiglia, a vivere sotto uno stesso tetto e a garantirsi una reciproca assistenza morale e materiale, l'art. 143 pone a carico delle parti anche un obbligo reciproco alla fedeltà.


Cosa accade in caso di comportamenti contrari al dovere di fedeltà?

Innanzitutto in sede di separazione, il giudice, se accerta che il comportamento di un coniuge è stato contrario ai doveri che derivano dal matrimonio (art. 151 c.c.), dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi questa sia addebitabile.

Naturalmente l'addebito non consegue automaticamente alla mera presa d'atto dell'avvenuto tradimento: è, infatti, necessario accertare se la violazione del dovere di fedeltà abbia assunto specifica efficienza causale nella determinazione della crisi coniugale, ovvero se la relazione extra coniugale sia intervenuta quando la coppia era già in crisi per altri motivi.


Diverse le pronunce in cui si è ricordato che al coniuge infedele non è addebitabile la separazione se il tradimento non è stato la causa scatenante della crisi matrimoniale, crisi che, invece, era già in atto ed era stata provocata da altre ragioni. Si veda in proposito:"Separazione: addebito al marito infedele se non prova che l'amante è arrivata quando il matrimonio era già in crisi".


In sostanza solo quando la relazione è naufragata per colpa del coniuge fedifrago e del suo comportamento infedele, allora il tradimento può essere davvero motivo di addebito della separazione.


Il risarcimento del danno in favore del coniuge tradito

La Cassazione, tuttavia, si è spinta oltre, arrivando a riconoscere al coniuge tradito addirittura il diritto al risarcimento del danno, in quanto la violazione degli obblighi coniugali è idonea a integrare un vero e proprio illecito civile, vista la natura giuridica, oltre che morale, dei doveri derivanti dall'unione.


In una sentenza del 2005 (n. 9801/2005) la Corte aveva fatto notare che i doveri che derivano ai coniugi dal matrimonio non sono di carattere esclusivamente morale, ma hanno natura giuridica, come si desume dal riferimento, contenuto nell'art. 143 c.c., alle nozioni di dovere, di obbligo e di diritto nonché dall'espresso riconoscimento, nell'art. 160 c.c., della loro inderogabilità e dalle conseguenze di ordine giuridico che l'ordinamento fa derivare dalla loro violazione. Cosicché deve ritenersi che l'interesse di ciascun coniuge nei confronti dell'altro alla loro osservanza abbia valenza di diritto soggettivo.


Prendendo spunto da questa posizione, nella nota sentenza n. 18853/2011, la prima sezione civile della Cassazione ha precisato che la violazione di quei doveri non trova necessariamente la propria sanzione solo nelle misure tipiche previste dal diritto di famiglia, ma può anche, ove ne sussistano tutti i presupposti secondo le regole generali, integrare gli estremi di un illecito civile.


Presupposti per ottenere il risarcimento

Per la Corte, però, non è sufficiente in tal senso la mera violazione dei doveri matrimoniali, e neppure la pronuncia di addebito della separazione: questi non possono di per sè e automaticamente integrare una responsabilità risarcitoria, dovendo, in particolare, quanto ai danni non patrimoniali, riscontrarsi la concomitante esistenza di tutti i presupposti per cui viene riconosciuta detta responsabilità ossia la concreta violazione del dovere coniugale, la sussistenza del danno ingiusto e la prova del nesso causale tra violazione commessa e danno procurato.


Nel caso dell'infedeltà va dimostrato, precisa il Collegio, che questa "per le sue modalità e in relazione alla specificità della fattispecie, abbia dato luogo a lesione della salute del coniuge (lesione che dovrà essere dimostrata anche sotto il profilo del nesso di causalità)" oppure se "l'infedeltà per le sue modalità abbia trasmodato in comportamenti che, oltrepassando i limiti dell'offesa di per sè insita nella violazione dell'obbligo in questione, si siano concretizzati in atti specificamente lesivi della dignità della persona, costituente bene costituzionalmente protetto".


La Cassazione aggiunge che l'azione non è impedita dal fatto che i coniugi siano addivenuti a separazione consensuale e la separata azione per il risarcimento dei danni prodotti dalla violazione dei doveri nascenti dal matrimonio e riguardanti diritti costituzionalmente protetti è esperibile anche in mancanza di addebito della separazione.


L'indirizzo innovativo della Cassazione ha trovato conferma in diverse pronunce recenti: nell'ordinanza 19193/2015 la Suprema Corte ha confermato la condanna al risarcimento dei danni di un ex marito che aveva, con un atteggiamento equivoco e mistificatorio, indotto la moglie a ritenere superata la pregressa crisi coniugale mentre, per anni, aveva portato avanti una convivenza con altra donna di cui erano a conoscenza almeno i parenti dell'uomo. Tale comportamento aveva provocato uno stato di depressione grave nella moglie, oltre che una grave lesione della dignità personale, ponendosi come produttivo di danni risarcibili.


Da questo indirizzo ha preso le distanze, di recente, il Tribunale di Roma (sentenza 25 giugno 2015), affermando che non può essere accolta la domanda di risarcimento danni per violazione dei doveri coniugali, se non c'è stata una pronuncia di addebito della separazione (per approfondimenti: Lei lo ha tradito più volte? Nessun risarcimento danni all'ex marito se non c'è l'addebito della separazione).


Per il Tribunale capitolino non può escludersi un rapporto di accessorietà tra addebito e domanda risarcitoria: trattandosi di danno derivante dalla violazione di specifici obblighi coniugali il medesimo dovrebbe essere necessariamente azionato nell'ambito del giudizio di separazione, con conseguente preclusione di un'azione successiva che potrebbe astrattamente porsi in contrasto con il giudicato già in precedenza formatosi sulla separazione.


Vedi anche nella sezione "Guide Legali":

- La violazione dei doveri coniugali

- Il tradimento: raccolta di articoli e sentenze



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