L'azione di riduzione, disciplinata dagli articoli 553-564 del codice civile è un'azione prevista per i legittimari, nei casi in cui il de cuius, attraverso disposizioni testamentarie o donazioni, abbia leso la quota loro spettante per legge

Azione di riduzione: cos'è

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L'azione di riduzione, disciplinata dagli artt. 553-564 c.c., consente al legittimario di ripristinare la sua quota successoria quando risulta lesa da disposizioni testamentarie, legati o donazioni disposte dal de cuius. La Sezione del Codice civile che la contiene è infatti intitolata "Della reintegrazione della quota riservata ai legittimari."

Sappiamo bene che la legge italiana prevede due tipi di successione: legittima e testamentaria.

La prima è disciplinata dalla legge, la seconda ha titolo nel testamento. Il nostro ordinamento pone però limiti precisi a chi desidera fare testamento.

Ci sono infatti dei soggetti che godono di una tutela particolare in ambito successorio a causa del loro legame familiare con il defunto. Si tratta proprio degli eredi legittimari, che non possono essere esclusi dal testamento o subire la riduzione delle loro quote. Da qui la previsione dell'azione di riduzione.

Porzione disponibile

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Chiaro quindi che il defunto non può lasciare i suoi beni nella misura in cui desidera, perché i legittimari, in quanto soggetti legati da un vincolo più stretto con il defunto, hanno la priorità sugli altri.

Occorre quindi capire quel'è la quota di cui il defunto può disporre senza ledere i diritti dei legittimari, affinché si possa procedere all'azione di riduzione nel rispetto delle regole.

A dettare i criteri per individuare la quota disponibile è l'art. 556 c.c. Queste le fasi per la corretta individuazione della quota disponibile da parte del de cuius:

  • prima di tutto si forma la massa di tutti i beni di cui il de cuius poteva disporre al momento della morte;
  • dal risultato vanno sottratti i debiti;
  • si procede poi alla riunione dei beni donati dallo stesso, nel rispetto delle regole di cui gli articoli 747 e 750;
  • sull'asse ereditario che risulta si calcola la quota di cui il defunto poteva disporre senza ledere i legittimari.

Azione di riduzione art. 553 c.c.

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Quanto detto lo si ricava dall'art. 553 c.c. In base a detta norma, quando sui beni del defunto si apre la successione, i legittimari hanno la meglio sugli altri successibili. Le quote di questi ultimi vengono infatti ridotte proporzionalmente nella misura che si rende necessaria a reintegrare la loro quota. I legittimari però, nella ricostituzione della loro quota, devono tenere conto di eventuali legati o donazioni già ricevute dal defunto.

Natura giuridica della riduzione

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La dottrina maggioritaria esclude che la riduzione sia un'azione di nullità relativa, poiché se i legittimari non la promuovono o vi rinunciano, le disposizioni restano valide. Essa non può essere considerata neppure un'azione di rescissione o di risoluzione perché in questi casi sarebbe necessaria la presenza di un vizio originario o sopravvenuto nel negozio, mentre l'azione di riduzione serve per dichiarare l'inefficacia successiva delle disposizioni lesive dei diritti dei legittimari.

Scopo dell'azione di riduzione è infatti quello di accertare in sede giudiziale la lesione della quota spettante al legittimario, con una sentenza che dichiari l'inefficacia totale o parziale delle disposizioni testamentarie e delle donazioni di cui il defunto non poteva disporre nella misura in cui esse risultavano lesive delle quote dei legittimari.

Essa quindi ha natura di accertamento costitutivo. Soggetti passivi di questa azione sono gli eredi testamentari, i soggetti che hanno ricevuto beni in donazione dal de cuius, i legatari e gli eredi di questi soggetti.

Soggetti legittimati alla riduzione

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Abbiamo visto che l'azione di riduzione è un'azione prevista dal nostro ordinamento per la tutela dei diritti dei legittimari.

I legittimari sono quindi i soggetti legittimati a intraprendere azione di riduzione per tutelare i loro diritti successori.

A stabilirlo è l'art. 557 c.c., che al comma 1 prevede: "La riduzione delle donazioni e delle disposizioni lesive della porzione di legittima non può essere domandata (2652 n. 8, 2690 n. 5 c.c.) che dai legittimari (536 c.c.) e dai loro eredi o eventi causa".

In virtù dei richiami presenti nell'articolo l'azione può essere quindi promossa:

Chi non può chiedere la riduzione?

Appurato chi sono i soggetti che possono agire per la riduzione vediamo chi invece non ha titolo. Si tratta ovviamente dei donatari e dei legatari. Questi non possono né intraprendere tale azione né profittarne. Stessa regola per i creditori del defunto se il legittimario ha accettato l'eredità con il beneficio di inventario.

Condizioni per l'azione

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I soggetti legittimati all'azione possono però intraprenderla solo in presenza di determinate condizioni:

  • il legittimario deve accettare l'eredita con il beneficio di inventario a meno che donazioni e legati siano stati riconosciuti ai suoi coeredi;
  • il legittimario deve considerare anche le donazioni e i legati che il de cuius ha disposto in suo favore. Solo chi ha fatto testamento o ha ha fatto la donazione può esonerarlo da questo obbligo.

Rinuncia all'azione

I legittimari non possono rinunciare al diritto di esercitare l'azione di riduzione fino a quando il donante è in vita, né dichiarandolo espressamente e neppure accordando il loro assenso alla donazione.

Questa rinuncia violerebbe il divieto di patti successori previsto dall'art. 458 c.c.

La rinuncia pertanto è valida solo dopo che è stata aperta la successione.

Criteri per la riduzione

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Passando alla parte pratica del problema, la riduzione delle disposizioni che ledono la quota dei legittimari deve eseguirsi ai sensi dell'art. 558 e ss. c.c.

Premesso che eredi e legatari sono posti sullo stesso piano, ai fini dell'azione si procede riducendo proporzionalmente:

  • prima le quote legali ab intestatio (se manca il testamento o questo ha disposto solo per una parte del patrimonio art 553 c.c.); poi le disposizioni testamentarie (senza fare differenze tra diritti ereditari e legati art. 554 c.c.);
  • infine la donazione più recente.

Il criterio proporzionale garantisce sia il rispetto dell'equilibrio voluto dal testatore che la volontà del legislatore di approntare tutele specifiche a favore di determinati successori.

Nel rispetto della volontà del testatore però, se il de cuius ha dichiarato che una certa disposizione non deve essere toccata nella sua entità, si procederà alla sua riduzione solo se, riducendo le altre disposizioni, non si riesce comunque a reintegrare la quota che, per legge, spetta ai legittimari.

Riduzione del legato o donazione di immobili

Più complessa è la riduzione dei legati o donazioni che hanno ad oggetto beni immobili. In questo caso si procede separando dall'immobile la quota necessaria per reintegrare la quota del legittima a condizione che tale operazione possa essere fatta agevolmente. Se questo non è possibile e se la donazione o il legato eccedono la quota di 1/4 della porzione disponibile allora l'immobile passa tutto nell'eredità, salvo il diritto di riconoscere la parte disponibile a legatario e donatario.

Se però il limite di 1/4 non viene superato allora l'immobile resta la legatario o al donatario. In questo caso però i legittimari dovranno essere compensati con il denaro e comunque a condizione che il valore dell'immobile non superi l'importo della porzione disponibile e di quella che spetta come legittimario.

Prescrizione azione di riduzione

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L'azione di riduzione si prescrive nel termine ordinario di 10 anni. Lo hanno stabilito le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la decisione n. 20644/2004. Dubbi sono sorti negli anni in relazione alla decorrenza.

  • in base a un orientamento minoritario, il termine decorre dalla data di apertura della successione;
  • secondo un altro orientamento minoritario invece il termine decorre dalla data di pubblicazione del testamento;
  • il terzo orientamento, che è poi quello maggioritario, ritiene invece che l'unico termine possibile da cui far decorrere la prescrizione è quello dell'accettazione dell'eredità. Questo infatti è l'unico caso in cui il chiamato, è in grado di verificare se il de cuius ha leso la sua quota.

Mediazione obbligatoria e giudizio

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L'azione di riduzione richiede, per la procedibilità della domanda in giudizio, del preventivo esperimento della mediazione obbligatoria di cui all'art. 5 comma 1 bis Dlgs n. 28/2010. Questo significa che se ci si rivolge al giudice prima di aver intrapreso la procedura di mediazione, il giudizio viene sospeso in attesa del preventivo esperimento di mediazione.

Solo nel caso in cui la fase di mediazione si concluda con esito negativo, sarà possibile adire l'autorità giudiziaria. Poiché, come anticipato, l'azione di riduzione ha valore di accertamento costitutivo il giudice ha il compito di accertare la lesione e nel caso dichiarare l'inefficacia delle donazioni o della disposizioni testamentarie, reintegrando la quota del legittimario leso. Solo a questo punto si potrà procedere alla divisione ereditaria, nel rispetto della quota definita dalla sentenza.

Costi azione di riduzione

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I costi dell'azione di riduzione sono quindi condizionati dall'esito della mediazione. E' sempre conveniente tentare di trovare un accordo in fase stragiudiziale, perché in questo caso le spese complessive, compresa l'assistenza dell'avvocato, non superano in genere i 2.500 euro. Importo che può arrivare a 4.000 euro se, fallita la mediazione, si deva andare in giudizio.

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