La giurisprudenza sulla validità ed efficacia della donazione di cosa altrui

Dott.ssa Federica Morabito - La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con la pronuncia n. 5068 del 2016, ha enucleato un principio di diritto di grande rilevanza.

Nella specie, la domanda posta alla Suprema Corte era se la donazione di un bene solo in parte altrui, perché appartenente pro indiviso a più comproprietari per quote differenti, possa essere oggetto di donazione o se, qualora fosse impossibile una siffatta disposizione, tale negozio seguisse la disciplina prevista per la donazione di cose future ex art. 771 c.c.

I giudici di legittimità hanno affrontato la questione con grande scrupolo, analizzandola in maniera diffusa, tenendo conto della giurisprudenza prevalente in materia, nonchè formulando un principio di diritto che oltre ad essere esaustivo è dì indubbia raffinatezza.

Il tradizionale orientamento della giurisprudenza di legittimità ritiene che la donazione di cosa altrui soggiaccia alla stessa disciplina prevista per la donazione di beni futuri (cfr. Cass. civ. n. 3315/1979, n. 6544/1985, n. 11311/1996, n. 10356/2009 e n. 12782/2013).

Un orientamento difforme si registra nel 2001 (cfr. Cass. civ. n. 1596/2001), secondo il quale la donazione di beni altrui non può essere ricompresa nella donazione di beni futuri, nulla ai sensi dell'art. 771 del codice civile, che dovrà ritenersi invece valida ma inefficace. 

Tale ultimo orientamento nega la possibilità di estendere l'applicazione della disciplina prevista per la donazione di beni altrui sul presupposto che l'art. 771 cod. civ. abbia natura eccezionale, e quindi insuscettibile di applicazione analogica.

Tuttavia, le Sezioni Unite, nella pronuncia in commento, si discostano parzialmente dall'orientamento del 2001, rimproverando di non aver tenuto conto della compatibilità della donazione

di cosa altrui con la funzione e la causa del contratto; affermano anzì che "la donazione di cosa altrui o anche solo parzialmente altrui è nulla, non per applicazione in via analogica della nullità prevista dall'art. 771 c.c. per la donazione di beni futuri, ma per mancanza della causa del negozio.

Difatti, argomenta la Corte, è necessario leggere attentamente l'art. 769 c.c., per apprendere che elementi essenziali del contratto di donazione sono l'arricchimento del terzo con correlativo depauperamento del donante e lo spirito di liberalità; è chiaro, dunque, che per ricorrere tali elementi è necessaria l'appartenenza del bene al donante, altrimenti, la causa "tipica"del contratto di donazione non potrà realizzarsi.

Considerato che la causa è uno degli elementi essenziali del contratto ex art.1325 c.c., la cui mancanza produce la nullità del negozio stesso ai sensi dell'art.1418c.c., secondo comma, e, che l'altruità del bene non consente di ritenere integrata la causa del contratto , si deve concludere che la donazione di un bene altrui sia nulla.

La Suprema Corte distingue il caso in cui la cosa sia presente nel patrimonio del donante, al momento della stipula della donazione, dal caso in cui tale cosa manchi nel patrimonio del donante.

Nel primo caso verrà posto in essere un valido ed efficace atto dispositivo, mentre nel secondo caso, la donazione sarà parimenti valida a produrre effetti obbligatori, solo qualora il donante abbia assunto espressamente e formalmente nell'atto l'obbligazione di procurare l'acquisto al terzo donatario.

Per poter ritener valida una donazione di cosa altrui, dunque, è necessario che la non appartenenza del bene al donante sia manifestamente espressa nell'atto pubblico, altrimenti sarà impossibile realizzare il programma negoziale; nel caso di donazione di cosa altriui, l'animus donandi di quest'ultimo dovrà per forza esplicare l'intenzione di obbligarsi di procurare l'acquisto del bene al terzo.

Qualora l'altruità non si possa evincere dal titolo, né risulti nota alle parti, verrà frustrata la causa donativa e quindi la donazione sarà affetta da nullità.

Infine, la donazione di una quota di un bene indiviso compreso in una massa ereditaria, da parte del coerede, sarà affetta da nullità, poiché, prima della divisione, non si può ritenere che il singolo bene faccia parte del patrimonio del coerede donante. 

Dott.ssa Federica Morabito

Studio Legale Aschi

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