Dalle sentenze a sorpresa, alla sindrome del giudice muto fino al giudice ritardatario. Ecco alcuni dei più diffusi difetti da cui un vero Magistrato dovrebbe emendarsi

Quella del magistrato è una professione non solo di grande onore, ma anche particolarmente delicata, dato che le sue decisioni possono incidere profondamente sulla vita delle persone. Proprio per questo è richiesta non solo preparazione ma anche una buona dose di buon senso e di qualità umane.

Eppure non è raro che la magistratura sia soggetta a critiche, non tanto per le decisioni assunte (che possono piacere o no), quanto per alcuni inaccettabili "vizi" da cui ogni magistrato dovrebbe liberarsi se vuole essere davvero degno dell'incarico che ricopre.

Vediamo quali sono i 5 peggiori vizi che rendono furibondi gli avvocati.

Le sentenze a sorpresa

Il primo è quello delle cosiddette "sentenze a sorpresa".

Si tratta di pronunce che hanno al loro fondamento questioni rilevate d'ufficio e che non sono state oggetto di un confronto processuale tra le parti. Il magistrato le "tira fuori a sorpresa" senza aver preventivamente sollecitato anche ai sensi dell'art. 183 uno stringente dovere del giudice, sanzionabile anche in via disciplinare, di obbedire al comando dell'art. 183 terzo comma c.p.c.: "Nell'udienza di trattazione ovvero in quella eventualmente fissata ai sensi del terzo comma, il giudice richiede alle parti, sulla base dei fatti allegati, i chiarimenti necessari e indica le questioni rilevabili d'ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione".

Le sentenze a sorpresa sono tutt'altro che rare ma comportano conseguenze gravissime, specie perché violano il principio del contraddittorio sia perché pregiudicano il diritto di difesa. Tanto che il legislatore con la mini riforma del 2009 è arrivato a sanzionarle con la nullità laddove ha introdotto un secondo comma all'art. 101 cpc in base al quale il giudice "Se ritiene di porre a fondamento della decisione una questione rilevata d'ufficio, il giudice riserva la decisione, assegnando alle parti, a pena di nullità, un termine, non inferiore a venti e non superiore a quaranta giorni dalla comunicazione, per il deposito in cancelleria di memorie contenenti osservazioni sulla medesima questione". Vedi anche: "La nullità delle sentenze "a sorpresa" o della "terza via"")

La sindrome del giudice muto

Un altro vizio, decisamente correlato al primo, è rappresentato dalla cd. "sindrome del giudice muto".

Ci si riferisce, in particolare, alla tendenza a prendere un po' troppo alla lettera la regola processuale in forza della quale il giudice non può anticipare il contenuto della sentenza che andrà ad emanare e a ritrovarsi così completamente privi di parole e impassibili al momento della discussione.

Tale atteggiamento, però, è frutto di un equivoco: prendere parte attiva nel corso del processo esponendo i propri dubbi e indicando alle parti quelli che ritiene essere i punti decisivi della controversia, non significa affatto anticipare la decisione. Significa solo dar modo alle parti di concentrare le proprie difese sulle questioni di maggiore rilevanza evitando così il rischio di diventare inutilmente prolissi (trattando magari di questioni che lo stesso magistrato ritiene pacifiche e tralasciando di approfondire tematiche sulle quali il giudice nutre delle perplessità).

Che male c'è nel chiedere alle parti le necessarie delucidazioni che consentono un corretto inquadramento della fattispecie?

La dialettica processuale, insomma, dovrebbe essere sempre caratterizzata da un proficuo dialogo tra avvocati, parti e giudice (V. "Il processo civile e la sindrome del Giudice muto")

I giudice sistematicamente in ritardo

Un altro "vizio" insopportabile e che denota maleducazione e mancanza di rispetto verso le persone che gravitano nelle affollatissime aule di giustizia, è rappresentato dai ritardi sistematici. Stiamo parlando di quei magistrati che sistematicamente fissano l'orario per l'inizio delle udienze 9:00 del mattino per poi presentarsi con più di un'ora di ritardo. Se questo accade una volta nulla quaestio ma se diventa un'abitudine non possono che sorgere dubbi sulla educazione di quel magistrato e sulla sua professionalità.

È invece prassi diffusa tra i giudici quella di non tenere in alcun conto gli orari indicati alle parti e di non gettare mai l'occhio all'orologio: quando si arriva, si arriva... se si arriva.

Se vicino al martello si aggiungesse un bell'orologio, l'amministrazione della giustizia avrebbe già un volto migliore.

Ma parlando di puntualità non possiamo dimenticare che spesso sono proprio i magistrati più ritardatari, che, nelle rare occasioni in cui arrivano puntuali, pretendono puntualità dalle parti mostrandosi intransigenti al punto di chiudere i verbali senza porsi alcuno scrupolo, per 5 minuti di ritardo e ciò nonostante si abbia a che fare con a un calendario delle udienze che nove volte su dieci non viene rispettato.

La superficiale lettura degli scritti difensivi

Infine, è purtroppo diffuso il "vizio" di trattare le cause con estrema superficialità e senza dedicargli il tempo necessario.

E' vero, i magistrati italiani sono sommersi da una mole incredibile di fascicoli ed è materialmente impossibile pensare che ci sia il tempo di leggere tutti gli scritti delle parti e di analizzare la documentazione prodotta. La conoscenza approfondita dei fascicoli purtroppo è una prerogativa dei soli avvocati. Ed è per questo che un magistrato, per ridurre al minimo gli errori, dovrebbe partecipare in maniera più attiva alla dialettica processuale proprio per individuare insieme alle parti quelle che sono le questioni controverse e quelle che invece appaiono pacifiche.

A chi non è mai capitato di leggere sentenze la cui motivazione dimostrana una conoscenza solo superficiale della controversia​ da parte di chi l'ha decisa? Quante volte alcuni giudici tralasciano questioni che sono realmente decisive per la controversia?

Ma si sa, a volte si preferisce giudicare d'istinto piuttosto che riflettere. Sicuramente risulta meno impegnativo.


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