Il nuovo codice deontologico prevede solo la censura per la fattispecie della "minaccia di azioni alla controparte"

di Valeria Zeppilli - Recentemente le Sezioni Unite della Corte di cassazione si sono confrontate con una vicenda professionale spiacevole: quella relativa al comportamento di un avvocato che, dopo aver acquisito da una propria cliente alcune informazioni su dei comportamenti del convivente anche penalmente rilevanti, aveva proceduto alla determinazione delle condizioni di separazione con accordi chiaramente sfavorevoli per l'uomo. Questi, in particolare, le aveva accettate solo temendo la divulgazione delle notizie acquisite sul suo conto.

Orbene, per tale comportamento l'avvocato veniva sanzionato dal Consiglio dell'ordine di riferimento con la sospensione di due mesi dall'esercizio della professione, sospensione poi confermata dal CNF.

La Cassazione, invece, con la sentenza numero 18395/2016 depositata il 20 settembre (qui sotto allegata) ha invertito la rotta: la sanzione applicata è troppo dura.

I giudici hanno infatti ricordato che il codice deontologico del 2014 prevede per la condotta contestata, riconducibile alla fattispecie della "minaccia di azioni alla controparte" prevista dall'articolo 65, una sanzione inferiore a quella della sospensione dall'esercizio della professione, ovverosia quella della censura.

Considerando che, come già affermato dalle stesse Sezioni Unite con la sentenza numero 3023/2015, le norme del nuovo codice deontologico si applicano anche a quei procedimenti disciplinari in corso al momento della sua entrata in vigore (stante la vigenza del principio del favor rei e non di quello del tempus regit actum), la sentenza del CNF va cassata con rinvio al Consiglio in diversa composizione per un nuovo esame.

Per la Cassazione, insomma, è sufficiente rilevare "che il nuovo codice deontologico prevede una sanzione - quella della censura - inferiore a quella della sospensione dall'esercizio della professione, nella specie per due mesi, applicata dal COA nel codice deontologico del 2007, e confermata dal CNF con una sentenza deliberata prima del 15 dicembre 2014, ma depositata successivamente, per concludere che la sanzione in concreto applicata alla ricorrente si presente illegittima".


Corte di cassazione testo sentenza numero 18395/2016
Valeria Zeppilli

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