Per la Corte di Giustizia non è consentito rinnovare a oltranza i contratti di lavoro a tempo determinato per esigenze non provvisorie

di Lucia Izzo - Contrasta con il diritto UE la normativa nazionale che consente di rinnovare ad oltranza i contratti di lavoro a tempo determinato per esigenze che non sono provvisorie, ma permanenti, poichè in tal modo il precariato del lavoratori viene mantenuto costante nel tempo.


Lo ha precisato la Corte di Giustizia UE che con una sentenza del 14 dicembre 2016 (qui sotto allegata) ha statuito sulla causa C‑16/15 tra una cittadina spagnola e il Ministero regionale dell'Economia e delle Finanze di Madrid.

La signora era stata assunta quale personale con inquadramento statutario occasionale in qualità di infermiera all'ospedale universitario di Madrid; al termine di tale contratto di lavoro, la nomina della stessa è stata rinnovata sette volte, mediante  contratti a tempo determinato di tre, sei o nove mesi, ogni volta con formulazione identica, per il periodo compreso tra febbraio 2009 e giugno 2013.

Il giudice del rinvio domanda alla Corte se, in sostanza, se la clausola 5 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, consenta o meno alla normativa nazionale il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato successivi, nel settore pubblico sanitario, giustificato da "ragioni obiettive" ai sensi di tale clausola in quanto tali contratti sono basati su disposizioni di legge che consentono il rinnovo per assicurare la prestazione di specifici servizi di natura temporanea, congiunturale o straordinaria e che l'amministrazione dispone di un'ampia discrezionalità nella decisione di creare posti strutturali che mettano fine all'assunzione di personale con inquadramento statutario occasionale.


La Corte ricorda che la clausola summenzionata ha lo scopo di attuare uno degli obiettivi perseguiti dallo stesso, vale a dire limitare il ripetuto ricorso ai contratti o ai rapporti di lavoro a tempo determinato, considerato come potenziale fonte di abuso a danno dei lavoratori, prevedendo un certo numero di disposizioni di tutela minima volte ad evitare la precarizzazione della situazione dei lavoratori dipendenti.


Come risulta dal secondo comma del preambolo dell'accordo quadro, nonché dai punti 6 e 8 delle considerazioni generali di detto accordo quadro, infatti, il beneficio della stabilità dell'impiego è inteso come un elemento portante della tutela dei lavoratori, mentre soltanto in alcune circostanze i contratti di lavoro a tempo determinato sono atti a rispondere alle esigenze sia dei datori di lavoro sia dei lavoratori .

Pertanto, la clausola 5, punto 1, dell'accordo quadro impone agli Stati membri, al fine di prevenire l'utilizzo abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, l'adozione effettiva e vincolante di almeno una delle misure che essa elenca, qualora il loro diritto interno non contenga norme equivalenti. Le misure così elencate attengono, rispettivamente, a ragioni obiettive che giustificano il rinnovo di tali contratti o rapporti di lavoro, alla durata massima complessiva degli stessi contratti o rapporti di lavoro successivi e al numero di rinnovi di questi ultimi.

Gli Stati membri dispongono di un'ampia discrezionalità a tale riguardo, dal momento che essi possono scegliere di far ricorso a una o a più misure enunciate, posto un obiettivo generale, che consiste nella prevenzione di siffatti abusi, lasciando loro nel contempo la scelta dei mezzi per conseguire tale obiettivo, purché essi non rimettano in discussione l'obiettivo o l'efficacia pratica dell'accordo quadro 

La normativa nazionale in causa nel procedimento principale non detta un'autorizzazione generale e astratta a ricorrere a successivi contratti di lavoro a tempo determinato, ma limita la conclusione di tali contratti al fine di soddisfare, in sostanza, esigenze provvisorie.

Non si può quindiammettere che contratti di lavoro a tempo determinato possano essere rinnovati per la realizzazione, in modo permanente e duraturo, di compiti nel servizio sanitario che appartengono alla normale attività del servizio ospedaliero ordinario.


Se da un lato nel settore della sanità pubblica è inevitabile che si rendano necessarie sostituzioni temporanee in circostanze obiettive (ad esempio in caso di indisponibilità di dipendenti che beneficiano di congedi per malattia, per maternità, parentali o altri), nel caso in esame le successive nomine della signora non sembravano costituire mere esigenze provvisorie del datore di lavoro.

Corte di Giustizia UE, sentenza C‑16/15

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