Pronta la proposta che sarà discussa durante il semestre di presidenza slovacca dell'Ue

di Marina Crisafi - Un'indennità di disoccupazione europea da attivare soltanto a fronte di severe crisi economiche e a favore di una precisa platea di destinatari. Sono questi i punti salienti della proposta italiana messa a punto dal Ministero dell'economia e che verrà discussa durante il semestre di presidenza slovacca dell'Ue.

Il progetto, già illustrato dal ministro Padoan nelle linee generali ai partner europei lo scorso anno, ha lo scopo, spiega il Mef, di dotare l'Eurozona di uno strumento (European Unemployment Benefit Scheme, Eubs) in grado di attenuare l'impatto che i forti shock economici hanno sull'occupazione evitando così che l'aumento della disoccupazione ciclica diventi strutturale. L'Eubs rafforzerebbe, inoltre, la governance dell'unione monetaria riducendo l'incertezza delle prospettive, poiché conterrebbe l'onere di stabilizzazione dell'area che oggi grava sulla politica monetaria.

Ecco i dettagli della proposta:

La durata dell'indennità

L'indennità di disoccupazione sarebbe da attivare soltanto in caso di "shock negativi sufficientemente severi", e dunque limitata sia nel tempo che nelle dimensioni, salva la possibilità, ove necessario, di essere prolungata con le misure nazionali.

L'ammissibilità

Sia l'estensione che l'ammissibilità dell'indennità dipenderanno dalle leggi vigenti in ogni paese. Lo schema, si legge nella proposta del ministero, dovrebbe "agire come assicurazione che potrebbe progressivamente evolversi in quanto innesca degli elementi di convergenza (per esempio potrebbe durare 6-8 mesi, con un tasso di sostituzione di circa il 40-50 %)" .

L'attuazione

L'attuazione dell'indennità andrebbe affidata ad un'istituzione comune, come la Commissione europea, in coordinamento con le autorità nazionali e il coinvolgimento delle parti sociali a livello nazionale e comunitario.

Le risorse

Il meccanismo potrebbe essere finanziato, secondo la proposta, con i fondi spesi attualmente per i vari sussidi nazionali, che convergerebbero parzialmente in un fondo comune.

Il fondo avrebbe una dotazione fissa, con la previsione di misure correttive per evitare trasferimenti prolungati, mentre altre risorse potrebbero provenire dai fondi Ue.


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