Per il Tribunale di Monza, l'istituto non può domandare la restituzione delle somme corrisposte in eccesso a titolo di pensione indiretta, salvo che l'indebito sia dovuto a dolo dell'interessato

di Filippo Parisi - Il sistema previdenziale italiano prevede il diritto di percepire una pensione mensile c.d. indiretta in favore dei figli orfani di lavoratori iscritti all'INPS deceduti senza aver beneficiato della propria pensione, ricorrendo determinate condizioni (ad esempio che il figlio fosse minorenne al momento del decesso del genitore e che fosse a carico del genitore deceduto).

Tale ammortizzatore sociale ha una durata limitata nel tempo e cessa con il compimento del 21esimo anno di età del beneficiario, qualora questi non frequenti corsi di laurea, oppure con il compimento del 26esimo anno di età del beneficiario, nel caso in cui questi frequenti un corso di laurea.

Tuttavia, non è raro che l'INPS prosegua con il versamento mensile anche ben oltre lo scadere del termine previsto dalla normativa, salvo poi, anche a distanza di anni, attivare la procedura di recupero dell'indebito, magari di decine di migliaia di euro. La suddetta procedura di recupero dell'indebito pensionistico è regolata dell'art. 52 Legge 88/1989, come autenticamente interpretato dall'art. 13 Legge 412/1991.

Il secondo comma della prima disposizione citata prevede una sanatoria in favore del pensionato che abbia percepito somme non dovute, poiché "… non si fa luogo a recupero delle somme corrisposte, salvo che l'indebita percezione sia dovuta a dolo dell'interessato".

L'art. 13 L. 412/1991 interpreta la predetta norma specificando che "Le disposizioni di cui all'art. 52, comma 2, della legge 9 marzo 1989, n. 88, si interpretano nel senso che la sanatoria ivi prevista opera in relazione alle somme corrisposte in base a formale, definitivo provvedimento … che risulti viziato da errore di qualsiasi natura imputabile all'ente erogatore, salvo che l'indebita percezione sia dovuta a dolo dell'interessato. L'omessa od incompleta segnalazione da parte del pensionato di fatti incidenti sul diritto o sulla misura della pensione goduta, che non siano già conosciuti dall'ente competente, consente la ripetibilità delle somme indebitamente percepite".

Il problema interpretativo affrontato dalla sezione Lavoro del Tribunale di Monza con la sentenza n. 376 del 02.08.2016 (qui sotto allegata), consiste nello stabilire cosa intenda esattamente la norma con la locuzione "che non siano già conosciuti dall'ente competente".

Il contenzioso di cui alla sentenza in commento trae origine dalla richiesta di restituzione di oltre 89mila euro effettuata dall'INPS ad un pensionato che aveva indebitamente percepito la pensione indiretta dall'anno 2006 (anno di compimento del 21esimo anno di età del pensionato con conseguente cessazione del diritto alla pensione) sino al 2014 (anno in cui l'INPS, accortasi dell'errore, sospendeva la corresponsione delle rate mensili ed attivava la procedura di recupero dell'indebito).

Il beneficiario, dopo aver tentato invano di ottenere in autotutela l'annullamento della pretesa dell'Istituto tramite la procedura amministrativa del ricorso al Comitato di Vigilanza INPS prevista dall'art. 443 c.p.c., adiva il Tribunale di Monza il quale, aderendo alla tesi interpretativa dei difensori del ricorrente, ha accolto il ricorso ed annullato la pretesa restitutoria dell'INPS, statuendo che "la ripetibilità cessa quando l'ente previdenziale abbia continuato l'erogazione del trattamento pur avendo la disponibilità delle informazioni necessarie, che gli consentivano di cessare la liquidazione. Nel caso in esame il presupposto per la percezione del beneficio era proprio un'età inferiore ai 21 anni e l'Inps era a conoscenza, fin dall'iniziale decorrenza della pensione indiretta, della data di nascita e della data del compimento del 21º anno di età del ricorrente. Pertanto, l'ente resistente già possedeva un'informazione circa il compimento della maggiore età e, quindi, del venir meno del presupposto per l'erogazione del beneficio, con conseguente esclusione del dolo da parte del ricorrente, il quale non aveva nessun obbligo di comunicare il compimento dell'età maggiorenne, essendo questo un dato già in possesso dell'Inps".

Avv. Filippo Parisi

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Tribunale Monza, sentenza n. 376/2016

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