Fondo patrimoniale nuovamente scardinato alla prova dei fatti

Avv. Gabriele Mercanti - Ancora una volta i nostri giudici sono stati chiamati a pronunciarsi su un grande classico del conflitto tra creditori e coniugi che hanno costituito un fondo patrimoniale: il debito per il quale viene azionata l'esecuzione è o non è estraneo ai bisogni della famiglia?

Se tale è il dilemma, davvero "forte" è - a parere di chi scrive - la tesi portata dalla sentenza n. 434 della Seconda Sezione Civile della Corte d'Appello di Lecce depositata il 28 aprile 2016, per la quale - in riforma dell'esito del primo grado (1) - anche l'omesso pagamento di debiti e imposte afferenti all'impresa individuale di un coniuge integra gli estremi del debito contratto per i bisogni familiari, e ciò in forza di una sorta di perverso "principio di cassa": il denaro che non viene pagato al fisco è risparmio di spesa nel menage familiare, e - quindi - il correlato debito erariale è da ritenersi contratto nell'interesse della famiglia.

Per meglio capire la portata della questione, occorre preliminarmente ricordare che uno (se non il principale … a voler pensar male …) degli effetti derivanti dalla costituzione di un fondo patrimoniale è la limitazione dell'assoggettamento a procedure esecutive dei beni ivi conferiti: infatti, l'art. 170 c.c. - in deroga al principio generale del nostro sistema per il quale il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i propri beni presenti e futuri (2) - esclude che possano essere promosse azioni esecutive sui beni facenti parte del fondo patrimoniale allorquando si tratti di "debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia".

Come è - allora - intuibile, ogniqualvolta venga promossa un'azione esecutiva su detti beni, il gioco delle parti è ossessivamente il medesimo: da un lato il creditore asserisce come il debito fosse pienamente funzionale ai bisogni familiari (e che, quindi, l'azione esecutiva fosse del tutto legittima) (3); dall'altro il debitore specularmente afferma, invece, come il medesimo debito non solo fosse estraneo alle esigenze familiari, ma anche che di tale estraneità il creditore ne fosse a conoscenza (e che, quindi, l'azione esecutiva fosse illegittima). Ed in questa antiteticità come si orientano gli organi giudicanti? Il trend giurisprudenziale (4) sgorga in un solco dal traccio inequivocabile: sono esigenze familiari (e, quindi, come tali legittimanti l'azione esecutiva sui beni conferiti in fondo patrimoniale) tutte quelle "volte al pieno mantenimento ed all'armonico sviluppo della famiglia"; non lo sono - invece - esclusivamente quelle "voluttuarie o caratterizzate da intenti meramente speculativi" (e, quindi, inibenti l'azione esecutiva sui beni conferiti in fondo patrimoniale, ma - si badi bene - solo in caso di conoscenza da parte del creditore).

In applicazione di tale dettame, la giurisprudenza (5) ha avuto modo recentemente di sancire che nell'alveo del debito familiare può rientrarvi anche il debito sorto nell'esercizio dell'impresa individuale di un coniuge, in quanto l'attività lavorativa ben potrebbe essere finalizzata a potenziare il tenore di vita del nucleo familiare.

Stante quanto sopra esposto, la Sentenza in commento non sembrerebbe così sconvolgente, in quanto incanalata nella scia di principi ormai sufficientemente consolidati nella galassia giudiziaria. Tuttavia, non può non notarsi come i togati pugliesi diano per presupposto ciò che - invece - dovrebbe essere dimostrato: un conto, infatti, è affermare che il debito derivante dall'esercizio di impresa individuale possa essere incluso nella categoria del debito contratto per l'interesse della famiglia (ad esempio si ipotizzi una piccola impresa a gestione familiare dove la commistione imprenditoria-famiglia sia elevata); un altro conto è, invece, proporre - come nel caso in commento - un'asettica equazione all'esito della quale ciò che non è stato versato grazie ad un'omissione contributiva sia da ritenere in re ipsa denaro risparmiato per la famiglia.

Non può, inoltre, non constatarsi che in una simile concettualità pare veramente arduo, anche per il più ardito interprete, immaginare ipotesi di debiti estranei ai bisogni della famiglia.

Avv. Gabriele Mercanti - Foro di Brescia - avv.gabrielemercanti@gmail.com

www.avvocatogabrielemercanti.it

(1) Cfr. Sentenza del Tribunale di Lecce n. 1471/12.

(2) Cfr. art. 2740 c.c., il cui secondo comma - tuttavia - ammette che la Legge possa prevedere casi di limitazione della responsabilità patrimoniale del debitore, tra i quali vi è, appunto, l'istituto del fondo patrimoniale.

(3) Non occorre, invece, che il creditore dimostri la propria ignoranza circa l'eventuale estraneità ai bisogni familiari perché si tratta - evidentemente - di fatto negativo: sarà, quindi, se del caso il debitore ad effettuare le contrarie deduzioni probatorie sul punto.

(4) Cfr. su tutte Cass. n. 15.886/2014.

(5) Cfr. Cass. n. 21.396/2015.


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