Per il Tribunale di Taranto l'irreversibilità della crisi coniugale è dipesa dal comportamento dell'uomo venuto meno ai suoi doveri coniugali

di Lucia Izzo - La separazione va addebitata all'ex marito se questi, piuttosto che adempiere al dovere di educare i figli, finisce per maltrattarli. Il giudice, infatti, per determinare l'addebito, deve operare una valutazione complessiva e comparativa delle dinamiche del rapporto coniugale, tenendo conto delle norme che disciplinano i doveri tra i coniugi.

Lo ha disposto il Tribunale di Taranto, prima sezione civile, nella sentenza n. 1465/2016 che ha confermato che l'irreversibilità della crisi coniugale è dipesa dal comportamento del marito che è venuto meno ai suoi doveri circa l'educazione dei figli, arrivando al maltrattamento psico-fisico della prole.


A norma dell'art. 151 c.c., infatti, "Il giudice, pronunziando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio".

Nel caso di specie, il giudice ha operato una valutazione discrezionale e la sua decisione si inserisce nel solco tracciato dalla ratio ispiratrice della nuova disciplina del diritto di famiglia, a seguito del superamento dello schema dell'elencazione delle "colpe" dei coniugi ai fini della determinazione di addebitabilità.

La stessa Cassazione ha mostrato di aderire a questa tipologia di valutazione operata dai giudici di merito, poichè l'addebito della separazione si fonda ora sulla prova che la crisi coniugale irreversibile è derivata dal comportamento contrario ai doveri coniugali posto in essere da uno o entrambi i coniugi volontariamente e consapevolmente. In sostanza si richiede sussistente un nesso di causalità tra i comportamenti addebitati e l'intollerabilità della convivenza.


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