Commento alla sentenza del Tar Perugia n. 470 del 3 giugno 2016

Avv. Francesco Pandolfi - Nel caso posto all'attenzione della sentenza in commento (Tar Perugia n. 470/2016), Tizio è titolare da più di dieci anni della licenza di porto di fucile ad uso caccia, quando il Questore ne dispone la revoca poiché viene trovato in possesso di sostanze stupefacenti. Si badi però che l'interessato è stato segnalato (non denunciato) come assuntore occasionale: in pratica si era trovato in vacanza con gli amici e ne aveva fatto un uso circoscritto a quell'episodio.

Inutile dire che di fronte ad un provvedimento così esagerato il titolare della licenza propone subito il ricorso amministrativo, lamentando non solo la carenza di motivazione e l'irragionevolezza del deciso, ma anche che sarebbe stata sufficiente la sanzione della sola sospensione della licenza e non certo la severa revoca.

La Questura, per parte sua, resiste al ricorso e ne chiede il rigetto.


La decisione favorevole al ricorrente


Il Tar opta per una sentenza di accoglimento in quanto, partendo dall'esame del primo motivo, ravvede la mancanza di una seria motivazione nel provvedimento adottato.

In buona sostanza, nessuna valutazione è stata fatta sull'affidabilità ma, addirittura, è stato affermato erroneamente come il titolare risulti "denunciato" all'Autorità Giudiziaria di un Comando Stazione Carabinieri (ma abbiamo visto che tale circostanza non è vera, esistendo una mera "segnalazione").


Sul secondo motivo di ricorso poi, fermo restando che il potere di vietare la detenzione di armi a chi è ritenuto capace di abusarne non è venuto meno a seguito dell'art. 75 d.p.R. n. 309/90 (prevede la sola sospensione del porto d'armi nei confronti di soggetti che fanno uso personale di sostanze stupefacenti) il Tar accoglie la domanda in quanto la valutazione amministrativa è erronea poiché trasforma -con un "automatismo" non consentito- l'illecito amministrativo in una causa di revoca.


Il pensiero del Tar è pertanto lineare e condivisibile, in quanto il pericolo di abuso dell'arma e i veri motivi che impediscono la detenzione di uno strumento di offesa sono sicuramente fattori normativi che sfociano in una valutazione si discrezionale, ma che devono necessariamente possedere una motivazione coerente e solida.

Dire in modo semplicistico che "il ricorrente non offre più le garanzie necessarie per il possesso del titolo di porto d'armi", vista la (inesistente) denuncia (sola segnalazione), è un abuso vero e proprio.


Cosa fare in casi simili


L'importante compito dell'Autorità di Pubblica Sicurezza non è punitivo, ma è quello di prevenire abusi nell'uso delle armi a protezione dell'incolumità privata e pubblica.

Questo potrebbe bastare a giustificare l'inibizione nell'uso delle armi già solo trovandosi di fronte ad una sospetta inaffidabilità, ma non è così e non può essere sempre così.

Infatti, quando adotta il severo provvedimento di revoca l'Autorità, per non deragliare verso l'arbitrio, è chiamata a motivare in modo puntuale il perché di tale scelta: se non lo fa si espone al ricorso.


Pertanto, in caso di revoca della licenza esaminare accuratamente il provvedimento e, se si nota la carenza motivazionale detta e la sproporzione della sanzione, notificare il ricorso portando la questione all'attenzione del Magistrato.



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Francesco Pandolfi
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Si occupa principalmente di Diritto Militare in ambito amministrativo, penale, civile e disciplinare ed и autore di numerose pubblicazioni in materia.
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